Pulire il palcoscenico

Gary Wilkerson

Sta iniziando il 2017, credo che piacerebbe moltissimo a Dio se ci mettessimo in ginocchio e gli chiedessimo cosa desidererebbe vedere di diverso nella nostra chiesa e nelle nostre vite.

Come molte chiese in America, la nostra chiesa di Colorado Springs è benedetta da uno staff pieno di talenti e possiede tantissimi accoglienti alloggi. Ringrazio Dio per tutti i doni e i mezzi che abbiamo per creare un ottimo ambiente per le persone che la frequentano. Purtroppo ultimamente sono rimasto deluso da alcune cose che ho visto accadere in molte congregazioni di tutta la nazione. Mi sono chiesto se gli elementi che molti di noi usano musica d’intrattenimento, connessioni sui social, sermoni edificanti possano aver cominciato a distogliere l’attenzione dalle cose fondamentali. Fra tutti questi elementi positivi, la croce di Cristo è ancora centrale per noi? È possibile che la morte e la resurrezione di Gesù si stia perdendo in mezzo all’atmosfera positiva per la quale tutti noi ci diamo da fare per crearla? Ho speso un mucchio di tempo in preghiera chiedendo a Dio se noi stiamo vivendo pienamente il ruolo profetico per cui ci ha chiamati come Suo corpo sulla terra.

Vorrei portare la stessa sfida alla più grande chiesa di oggi. Molti pastori progettano i loro culti di adorazione per risollevare chiunque entri in chiesa. Trascorrono la settimana coordinando la musica, il sermone e gli spazi di fratellanza per essere certi che il visitatore e la congregazione si sentano bene. La verità è che siamo diventati professionisti nel creare ambienti confortevoli, che sollevano il morale, finanche piacevoli. Ma stiamo adorando Dio in spirito e verità? E tutto questo ci sta trasformando alla Sua immagine vivente? Il punto di vista del mondo sul corpo di Cristo è quello che ci deve rassicurare, oppure quello di vite trasformate dal potere che proviene da oltre noi stessi?

Fare queste domande vi può far pensare che io sia un fissato vecchio stampo, il quale si lamenta su come sono cambiate le cose. Ma la Bibbia ha molto da dire su questo argomento e Dio prende molto seriamente la nostra adorazione.

La Scrittura è piena di avvertimenti su una adorazione di Dio inappropriata. Il Signore avvisò i Suoi profeti e sacerdoti: “Avete guarito i feriti del popolo, ma soltanto superficialmente”. In altre parole: “LI avete fatti sentire bene per il momento. Hanno dimenticato le loro difficoltà. Ma avete piantato in loro una falsa speranza”.

Se la chiesa di oggi si basa solo sul pensiero positivo e si preoccupa esclusivamente di far sentire meglio le persone, non offriamo niente di più di quanto Tony Robbins oppure Oprah Winfrey possano dare. La chiesa si basa non su quello che tu o io possiamo fare, ma su ciò che Cristo ha fatto. Le meravigliose relazione che costruiamo non devono essere quelle di un grande centro sociale. I sermoni e le musiche che offriamo non devono essere d’intrattenimento. La chiesa è la casa di Dio e quando ci raduniamo nel Suo nome, Egli lo rimarca con la Sua presenza. Quella presenza che ci porta al timore. Secondo Paolo, la presenza di Dio dovrebbe essere centrale nella nostra adorazione, così palpabile che se entra un non credente cadrà in ginocchio gridando; “Per certo Dio è in questo luogo!”

Il libro di Apocalisse ci fornisce potenti immagini di angeli che adorano nella presenza di Dio. Coprono le loro facce mentre si prostrano davanti a Lui gridando: “Santo, santo, santo è il Signore Dio Onnipotente, che era, che è e che è a venire!”. Queste esseri potenti puliscono il palcoscenico nel cielo per Colui che è alto, innalzato e giustamente esaltato come il nome sopra ogni nome.

La presenza di Dio è indicata come portatrice di luce ai nostri occhi. Ci mostra la differenza tra il grano e la pula nelle nostre vite. Questo è il motivo per cui la Parola di Dio viene chiamata un fuoco che raffina: essa purifica. È anche chiamata una spada, uno strumento che trafigge e taglia. Questi strumenti sono usati per separare le cose, dividendo il puro dall’impuro.

Per definizione non sono cose piacevoli, ma sgradevoli. E naturalmente noi cerchiamo di resistere. Gridiamo per avere comodità e piacere nella nostra vita, nel lavoro, nelle attività, in casa. Come afferma la Bibbia, i nostri cuori sono inclini a gridare: “Diteci cose piacevoli, profetateci illusioni!” (Isaia 30:10). Ed il mondo materiale è sempre in attesa di soddisfare il nostro bisogno. E ora le chiese la domenica fanno a gara per fornirci questi piaceri. Ma la Bibbia ci avverte sul pericolo di cercare solo messaggi di comodità piuttosto che quelli di sfida. Gli israeliti amavano essere tolleranti verso i loro idoli e non volevano rinunciare a loro. La conseguenza fu che persero il proprio discernimento.

Il primo comandamento di Dio è: “Non avrai altri dei davanti a me”. Questo non significa che dobbiamo dare priorità a Dio rispetto alle altre cose. La parola “davanti” in questo verso in effetti significa “in Mia presenza”. Dio sta dicendo: “Non portare nessun Dio alla mia presenza – i tuoi idoli di piacere, la tua ambizione, le tue abilità umane. Non voglio tollerare nessuno di loro”. Dio ci sta chiamando a pulire il palcoscenico, affinché Cristo possa ancora una volta essere messo al centro.

Il primo luogo che Dio vuole sia ripulito è la nostra adorazione.

Oggi il nostro approccio all’adorazione è come il programma TV “The Voice”. Il gruppo di giudici del programma hanno le sedie girate così da non poter vedere chi canta. Il solo metro di giudizio per ciò che ascoltano è: “Mi piace?”

Questo è anche il solo metro di giudizio che molti cristiani hanno per l’adorazione nella propria chiesa: “Mi piace?”. Non è “Dio è in questo luogo?”. Per molto tempo è stato portato avanti un dibattimento su cosa onora di più Dio, gli inni o la musica contemporanea; ovviamente la risposta è nessuna delle due. Abbiamo un solo metro di giudizio per la nostra adorazione: “Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità” (Giovanni 4:24). Eppure, come i giudici di “The Voice”, vogliamo essere intrattenuti invece che inginocchiarci in timore reverenziale. E le chiese ci ospitano con palcoscenici con luci splendenti, macchine del fumo e team di adorazione coreografica.

Vi prego, non pensate che voglia sparare a zero su chi conduce l’adorazione - i worship leader. Mi sto riferendo alla cultura ecclesiale che abbiamo creato. Chiediamo intrattenimento, e vogliamo che i worship leader siano delle pop star. Se pensate che io stia esagerando, su iTunes e Billboard la musica di adorazione ha le proprie classifiche di vendita. Un compositore o “interprete” di canzoni di adorazione può scorrere uno schermo per vedere a quale punto della classifica si trova. Ma la presenza di Dio non ha nulla a che vedere con la popolarità di nessuno. Egli è presente per coloro che Lo cercano inginocchiandosi e non su un palcoscenico.

In molte chiese le persone vengono attirate lontano dalla vera adorazione da uno spirito che non è da Dio. La nostra attenzione è scivolata lentamente e subdolamente da Cristo e la Sua croce, alle cose della carne. Un paio di decenni fa i canti di adorazione cominciarono a deviare da una teologia Cristo-centrica ad una adorazione “io-centrica” – “io alzo le mani – io canto le Tue lodi – io glorifico il Tuo nome”. Adesso i canti di adorazione vanno ancora oltre, con testi come: “Io amo stare vicino a Te”. Il focus non è su di noi ma su ciò che amiamo.

Vorrei che consideraste solo un verso tratto da un inno di Charles Wesley. Notate la teologia piena di timore reverenziale che ci mette dentro: “Può essere che io guadagni / Un interesse nel sangue del Salvatore? / Morì per me, che ho provocato il Suo dolore / Per me, per cui Egli ha perseguito la morte? / Incredibile amore! Come può essere, che Tu mio Dio, dovesti morire per me?”. Questa è l’adorazione dovuta al nostro incredibile Dio: “Signore Tu sei più imponente, più stupendo, più grande, sei più glorioso di qualunque cosa l’uomo conosca. Ci inchiniamo in reverenza davanti a Te”.

Non sono proprio un vecchietto che desidera l’adorazione vecchio stampo. Ho ascoltato bellissime canzoni profonde scritte da giovani, che mi hanno fatto inginocchiare. Sono in grado di adorare in ogni ambiente, con qualunque stile di musica, per un motivo: comprendo di essere alla santa presenza di Dio. Ho adorato in umili chiese in Asia centrale, dove i canti hanno il fragoroso suono di strumenti in argento che vengono battuti per terra – eppure se Dio è presente, la mia anima risponde: “Santo, santo, santo, Signore di certo sei in questo luogo”.

Dio disse al profeta Amos: “Io odio, disprezzo le vostre feste, non prendo piacere nelle vostre assemblee solenni. …Allontana da me il rumore dei tuoi canti! Non voglio più sentire il suono delle tue cetre! Scorra piuttosto il diritto come acqua e la giustizia come un torrente perenne!” (Amos 5:21, 23-24). Dio dice ad ogni generazione: “Non è il canto o il suono che io cerco da te. È la giustizia che scorre dalla tua adorazione e le azioni che ti spinge a fare nel Mio nome”.

Non possiamo più misurare la potenza di un canto se esso intrattiene o in un altro metodo creato dall’uomo. Lo possiamo misurare se evoca ciò che lo Spirito Santo vuole per il Suo corpo in quel momento. La nostra adorazione deve essere un torrente perenne della Sua virtuosa presenza. Perciò non permettiamo più di stare sul palcoscenico a coloro che “Improvvisano al suono della cetra… e si ungono con gli oli più pregiati” (Amos 6:5,6). Questo ci parla di leader che hanno una unzione basata sui propri talenti, capacità e intelligenza. Dio ci sta chiamando a ripulire il nostro palcoscenico da qualunque standard che non sia questo: “Per certo tu sei in questo luogo, o Dio!”.

Dio chiama anche pastori e laici per ripulire il palcoscenico.

Parlo a me stesso quando dico ai pastori: poniamo più fede nelle strategie, strutture e programmi che nella guida di Dio per noi? Se lo facciamo, abbiamo bisogno di ripulire il palcoscenico da queste cose. La nostra congregazione non ha bisogno di consulenti per guidarla, ha bisogno di uomini e donne che conoscono Dio. È tempo di ripulire il palcoscenico da ogni mentalità che si affretta verso la sala riunioni ma ignora la cameretta di preghiera.

Se sei un cristiano laico potresti voler dire: “Amen! Io voglio un pastore, non un amministratore delegato”. Ma non cadresti in depressione al pensiero di far parte di una chiesa che potrebbe essere meno dinamica, meno attraente verso i tuoi amici non credenti e con minori programmi per i tuoi bambini? Che cosa accadrebbe se la tua congregazione piano piani si dimezza di numero? Quale prezzo sarebbe da pagare se permetti al tuo pastore di essere un uomo di preghiera piuttosto che un amministratore, per seguire la santa direzione di Dio invece che la direzione per far aumentare di numero dei frequentatori della chiesa, per dare il benvenuto a sermoni sul dolore di Dio invece che discorsi d’incoraggiamento?

Tutti vogliamo essere confortati dalla chiesa. Ma persino il nostro Maestro Gesù non ricevette tutto il conforto che desiderava. Nella notte prima della Sua morte, pregò Dio di far passare oltre lui quel calice di dolore. Eppure quando la volontà di Dio si rese chiara, Gesù bevve quella coppa in obbedienza, questa è tutta la differenza.

Le chiese possono avere tutte le qualità di un corpo perfettamente dinamico. Possiamo essere certi che ogni sermone sia rigorosamente articolato, ogni canto perfettamente intonato, ogni macchina da caffè che riempie le tazze delle persone, ma tutto ciò sarebbe inutile se la presenza di Dio non si trova da nessuna parte. Questo è il motivo per cui Pietro diceva alle chiese primitive, in effetti: “Abbiamo necessità di lasciare tutto questo lavoro amministrativo ai diaconi. Se vogliamo essere veri ministri di Dio, dobbiamo spendere ogni momento che possiamo a cercare la Sua faccia”.

È tempo di ripulire il palcoscenico dalle indagini che chiedono alle persone cosa vogliono dalla loro chiesa, piuttosto che chiedere cosa Dio vuole. Se l’indagine detta la nostra direzione, allora dovremmo anche buttare giù l’insegna che dice “chiesa”, perché non lo siamo. Siamo una organizzazione professionale come qualunque altra, una organizzazione che cerca il successo basandosi sulla richiesta di mercato. Ma questo non è l’evangelo.

Questo è il ministero dell’evangelo secondo Paolo: “Ti scongiuro, davanti a Dio e a Cristo Gesù che deve giudicare i vivi e i morti, per la sua apparizione e il suo regno: predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza. Infatti verrà il tempo che non sopporteranno più la sana dottrina, ma, per prurito di udire, si cercheranno maestri in gran numero secondo le proprie voglie, e distoglieranno le orecchie dalla verità e si volgeranno alle favole. Ma tu sii vigilante in ogni cosa, sopporta le sofferenze, svolgi il compito di evangelista, adempi fedelmente il tuo servizio.” (2 Timoteo 4:1-5). Paolo è chiaro con Timoteo: “Ti scongiuro come ministro di Dio: convinci, rimprovera, esorta. Questo è adempiere il tuo ministero!”

Ti chiedo onestamente: l’intero ministero della chiesa di Cristo viene soddisfatto? Oppure ci siamo sistemati per avere una chiesa di conforto e piacere? Ti prometto, se i pastori avranno la serenità per fare i pastori … se ai worship leader viene permesso di spendere in preghiera lo stesso tempo che impiegano per le prove ed il sound check … se le persone vengono a cercare la verità biblica invece che soltanto conforto carnale … allora la tua gioia tornerà. Il nostro scopo sarà raggiunto. La nostra missione sarà chiara. Testimonieremo insieme a Geremia: “Appena ho trovato le tue parole, io le ho divorate; le tue parole sono state la mia gioia, la delizia del mio cuore” (Geremia 15:16). Allora quando un estraneo entrerà per quelle porte, cadrà in ginocchio in santo timore. Realizzerà di aver trovato la risposta che aveva bramato per tutta la vita. E griderà: “Per certo Dio è in questo luogo!”. Amen – che così sia, Signor Gesù.