Perdi la nave, salva le persone

Nel periodo raccontato in Atti 27, Paolo aveva già vissuto una vita piena come ministro di Dio; era riuscito a ottenere risultati incredibili, eppure aveva ancora un desiderio bruciante di dedicare la sua vita per il vangelo.

Paolo era stato chiamato da Dio per essere un apostolo e aveva diretto la formazione di chiese in tutta l'Asia e parte d'Europa, ma era anche un evangelista e un apologeta; perorò la causa di Cristo davanti a corti e re. Paolo aveva sacrificato tutto per servire nelle sue missioni guidate dallo Spirito. A questo punto era determinato: “Voglio predicare il vangelo di Cristo nell'epicentro del mondo. Ho posto il mio sguardo su Roma, per predicare all'imperatore stesso!”

Paolo era tanto deciso a raggiungere il suo scopo che mise in gioco la sua stessa vita, era in prigione e poteva essere liberato, ma scelse di non farlo per riuscire ad avere la possibilità di apparire di fronte all'imperatore, a cui avrebbe testimoniato; se Paolo avesse fallito, avrebbe potuto perdere la sua vita; si trattava di una scelta fatta solo per il vangelo.

Quando il tuo cuore persegue un obiettivo puoi sopportare molte sofferenze, ma se il tuo cuore ricerca la tranquillità, non puoi sopportare alcuna sofferenza.

Durante il suo viaggio a Roma, Paolo era a bordo di una nave che incontro presto della resistenza: «I venti erano contrari» (Atti 27:4). Era un ostacolo naturale, ma Paolo poteva facilmente vederlo come un impedimento spirituale. Il fatto è che se prendi una decisione definitiva a favore del vangelo, l'inferno si scatenerà contro di te.

Questa frase si può usare per descrivere la vita di Paolo a quel punto. Aveva sopportato tantissime prove, naufragi, percosse, lapidazioni e tentativi di assassinio. Paolo riuscì a superare tutte queste cose perché la sua mente era sempre fissa sull'obiettivo: vivere predicando e servendo Cristo.

La bibbia dice chiaramente quale sia la nostra missione; come cristiani, siamo chiamati a proclamare la grazia di Dio in un mondo caduto nel peccato. Siamo chiamati ad amarci gli uni gli altri, adorando Dio insieme in una vera comunità; siamo chiamati a ministrare ai poveri e, facendo tutte queste cose, portiamo la luce di Cristo in un mondo nelle tenebre. In poche parole, siamo chiamati a trasmettere l'amore di Dio agli altri attraverso le nostre parole e azioni, in modo che il mondo possa essere cambiato.

Se sei un cristiano che decide di sedersi sulla panchina della fede, se vai in chiesa solo per tranquillizzarti, non verrai attaccato molto dal nemico. Se, invece, sei determinato a vivere per Gesù nel modo che ho illustrato, se hai un piano divino per gli oppressi, i perduti e per il corpo di Cristo, Satana ti scaglierà addosso tutto quello che ha. Come quello di Paolo, il tuo viaggio sarà pieno di prove e pericoli volti a far vacillare la tua anima.

Questo capitolo riguardante la vita di Paolo serve a illustrarci come alcuni di noi reagiscono ai colpi si Satana; mentre la nave che portava Paolo stava completando la prima parte del viaggio, leggiamo: «Siccome quel porto non era adatto a svernare, la maggioranza fu del parere di partire di là per cercare di arrivare a Fenice, (…) e di passarvi l'inverno» (Atti 27:12).

Paolo era contrario a questa decisione, non solo per il fatto che così facendo si sarebbero ulteriormente allontanati da Roma, ma perché lo Spirito l'aveva avvertito che non andava fatto. La nave successivamente incapperà in una tempesta, in cui tutti rischieranno di morire, ma in quel momento, agli altri, sembrava la miglior decisione da prendere.

Sottolineo questa cosa perché alcuni cristiani, quando incontrano resistenze nemiche durante la loro missione, decidono di andare a Fenice per l'inverno. Senza dubbio tutti noi abbiamo bisogno di riposarci per rigenerare lo spirito dal continuo occuparsi dei bisogni altrui; in questo caso, però, si tratta di qualcos'altro, un modo di pensare del cuore, che dice: «Rendi la tua missione un po' più facile, riposati e fatti un bel viaggetto».

Quando un cristiano fa così, si perderà molto presto per strada. La sua missione non è più seguire Cristo ma, invece, prendersi cura della nave; il che vuol dire tenerla lontana dalle tempeste. In pratica, si arrende ai problemi che trova davanti a sé.

Questo tipo di credenti, pur non rendendosene conto, sono stati derubati della loro chiamata. Questa non è una cosa da poco agli occhi di Dio; se sto navigando verso Fenice invece che a Roma, vuol dire che nessuno sta andando a Roma per compiere la missione che Dio mi ha assegnato. La nave è tenuta bene ed è perfettamente funzionale ma, ironicamente, la missione di questa nave non può essere completata.

Comodità e riposo non sono l'obiettivo del regno. Vivere per il regno vuol dire essere pronti a pensare così: «La mia vita non mi appartiene, è stata comprata a caro prezzo. Gesù mi guida in ogni cosa, mi può dare la grazia di compiere ogni opera, al di là di qualsiasi resistenza io possa incontrare».

La nave di Paolo finì contro degli scogli, schiantandosi e andando in pezzi.

Paolo non vacillò di fronte al disastro. Immaginiamo questa scena: «Dopo che furono rimasti per lungo tempo senza mangiare, Paolo si alzò in mezzo a loro, e disse: Uomini, bisognava darmi ascolto e non partire da Creta, per evitare questo pericolo e questa perdita. Ora però vi esorto a stare di buon animo, perché non vi sarà perdita della vita per nessuno di voi ma solo della nave. Poiché un angelo del Dio al quale appartengo, e che io servo, mi è apparso questa notte,  dicendo: "Paolo, non temere; bisogna che tu compaia davanti a Cesare, ed ecco, Dio ti ha dato tutti quelli che navigano con te". Perciò, uomini, state di buon animo, perché ho fede in Dio che avverrà come mi è stato detto. Dovremo però essere gettati sopra un'isola» (27:21-26).

Non so voi, ma io avrei fatto molta fatica a sentire questa parola. «La mia nave sta per schiantarsi? Ehi Signore, che succede?»

Voi cosa fareste se vi dicessero che la vostra nave sta per affondare? Come reagireste se la vostra chiamata fosse impedita e minacciata da circostanze al di fuori del vostro controllo? Molti di noi avrebbero una crisi d'identità. Questo avviene perché la nostra identità è legata alla nostra chiamata, sia che essa riguardi la nostra famiglia, il lavoro o il ministero. La nostra nave potrebbe essere casa nostra, la nostra nuova macchina, il successo dei nostri figli o centinaia di altre cose. Dovremmo ringraziare Dio per le navi nella nostra vita, ma nessuna di esse vale quanto Cristo e le persone che ci ha chiamati a servire.

La nostra identità non può essere in altro se non in Cristo. Dev'essere ancorata a quello che egli ha fatto per noi, non a quello che noi facciamo per lui. Questo significa che dobbiamo fare quello che lui ci dice, non quello che ci consigliano gli “esperti di ministeri”. Troppe volte i consigli degli esperti riguardano la nave, non la destinazione che Cristo ha deciso per noi. La nostra nave è solo uno strumento per giungere all'obiettivo, il nostro Signore può fare ciò che vuole con quella nave.

Paolo lo sapeva bene, anche mentre la sua nave andava in pezzi. Non distolse mai lo sguardo dalla sua chiamata, che era da Cristo. Ecco perché sembrava sempre così calmo durante la tempesta. Paolo aveva la responsabilità delle duecentosettantacinque anime a bordo, ma ricevette da Dio l'assicurazione che sarebbero sopravvissuti tutti quanti. La preziosa nave di qualcuno stava affondando, ma Paolo li incoraggiò tutti quanti: «Dobbiamo continuare».

Paolo non si arrese mai. Voglio incoraggiare chiunque serva Gesù a fare la stessa cosa. Se Dio ti ha chiamato in qualche maniera, non importa quali tempeste si formeranno. Lui dice: «Non è finita. Quando tutto sembra fuori controllo, io sono in controllo. Non arrenderti!»

C'è anche un altra cosa che possiamo perdere di vista durante le nostre tempeste: la nave su cui ci troviamo è una nave da guerra. Siamo in guerra con Satana, affrontiamo una battaglia costante con le potenze delle tenebre. È un'ulteriore ragione per cui non possiamo “passare l'inverno a Fenice”.

Siamo in guerra contro un nemico che porta la depressione, che attacca i matrimoni, che lavora per rendere un'intera generazione di ragazzi schiava dell'eroina, un problema sempre maggiore in molte città. Siamo andati in guerra credendo che il glorioso vangelo di Cristo liberi i prigionieri, che Lui è fedele e spezzerà le catene degli oppressi, libererà famiglie annegate nelle difficoltà, raggiungerà i bisognosi con il suo generoso amore. Per essere in questa battaglia, è fondamentale che manteniamo la concentrazione sulla missione che ci ha dato e che continuiamo ad ascoltare la sua voce per ricevere guida.

La nostra missione è sempre secondaria; la parte principale è sapere in chi abbiamo creduto.

Gesù ci ha chiamati a un totale servizio e adorazione. Il nostro successo non è determinato dal fatto che il nostro ministero prosperi o no, ma dalla volontà di deporre le nostre vite a motivo di Dio.

Tutto questo ha a che vedere con te? La tua nave ha preso la precedenza rispetto a Cristo nel tuo cuore? Ti sei ritrovato ad avere soprattutto preoccupazioni carnali, sia che si tratti di una vita tranquilla che di un ministerio di successo? Né l'una né l'altro corrispondono alla chiamata di Dio per te. Non fraintendermi: Dio non vuole che smetti di lavorare duramente o di seguirlo con devozione. Ma non sarà che, proprio in questo momento, voglia discutere con te di ciò che più conta nel tuo cuore?

Se hai passato i tuoi inverni in Fenice, lui ti sta chiamando a ricominciare il tuo viaggio verso Roma. Metti da parte tutto quello che ti impedisce di essere “in missione per Gesù” e fai questa preghiera con me: «Dio, tu mi hai dato la nave, è tua per essere usata come meglio credi. Mettila nella direzione che vuoi che prenda e io la manovrerò con fede. Sono certo che mi guiderai verso il destino che hai pianificato per me, qualunque esso sia. Il mio desiderio è semplicemente di sentirti e obbedire. Metto la mia vita nelle tue mani, perché desidero vederti elevato e glorificato. Amen».