Il terribile peccato di orgoglio
Nella lista delle cose che Dio odia, l'orgoglio sta proprio in cima: "Sei cose odia il SIGNORE, anzi sette gli sono in abominio: gli occhi alteri, la lingua bugiarda, le mani che spargono sangue innocente, il cuore che medita disegni iniqui, i piedi che corrono frettolosi al male, il falso testimone che proferisce menzogne, e chi semina discordie tra fratelli" (Proverbi 6:16-19).
La Bibbia dice anche: "Perché tutto ciò che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo" (I Giovanni 2:16). La maggior parte dei cristiani ammette di lottare contro i desideri della carne e degli occhi. Sa cos'è la concupiscenza, la odia e la fugge, per la potenza dello Spirito. I cristiani riconoscono l'orgoglio nel prossimo, perché questo può mostrarsi pieno di sé, egocentrico, ambizioso e presuntuoso. Ma pochi cristiani sarebbero disposti ad ammettere di essere orgogliosi. La maggior parte ammetterà di non essere ancora arrivata, di non essere ancora somigliante a Cristo come vorrebbe, e di dover sviluppare ancora aree della propria vita.
Ma pochi cristiani riconoscono l'orgoglio in se stessi. Tu lo riconosci dentro di te? Molti credenti ammetterebbero: "Beh, è possibile che mi senta sicuro di me, autosufficiente. Tutt'al più, può essere che mi consideri più capace o intelligente degli altri. Ma non sono orgoglioso! Do a Dio tutto il merito per ciò che faccio e per quello che sono. È tutto per le Sue forze. Orgoglioso? Non credo proprio, in tutta onestà, di dovermi ritenere tale. Dopo tutto, cammino in santità ed apro il mio cuore all'esame dalla sua Parola. Sicuramente, se lo fossi, me lo avrebbe mostrato".
Ultimamente, lo Spirito Santo ha parlato al mio cuore di questo odioso peccato. Io dissi: "Signore, vuoi dire che devo predicare alla Times Square Church un sermone sull'orgoglio, no? Si vede che nella congregazione c'è orgoglio". La risposta dello Spirito mi scosse: "No, David, è a te che voglio parlare dell'orgoglio, di un sottile tipo di orgoglio del quale anche tu sei colpevole. Prima devi vederlo nel tuo stesso cuore, poi potrai predicarlo agli altri". Come la maggior parte dei cristiani, pensavo se non altro di sforzarmi ad essere umile. Noi tutti stiamo attenti a non essere come i farisei, che si vantavano di essere migliori di tutti gli altri. Ma nel profondo del cuore, pensiamo: "Non sono né arrogante, né presuntuoso né smodatamente ambizioso. Come potrei essere orgoglioso?"
La parola mi ha lavorato, mostrandomi alcune forme di orgoglio che non credevo fossero così radicate in me; e si tratta di un orgoglio che è della peggiore specie. Quando lo Spirito disse: "C'è orgoglio in te, David", io replicai: "Ma Signore, io non sto cercando di essere grande! Tu lo sai. Non sono né uno spaccone né un gradasso. Sto onestamente cercando di diminuire, in modo che Cristo cresca. Se in me c'è dell'orgoglio, proprio non riesco a vederlo. Per favore, mostramelo, spiegamelo!" E Lui me lo mostrò! Riguardando al passato, ho tremato pensando a tutte le volte che ho commesso questo peccato così odioso. Ne sono colpevole.
Dio vede l'orgoglio in maniera completamente diversa da come lo vediamo noi. Egli mi mostrò che la mia nozione di orgoglio era troppo limitata. Certo, esiste un orgoglio empio, magniloquente, arrogante, e di questi tempi possiamo vederlo intorno a noi. Ma c'è anche un orgoglio che ha una natura spirituale. Viene commesso da quelli che camminano vicino a Dio e può essere osservato anche nei più santi fra di noi. Più sei spirituale, più grande è la rivelazione che hai ricevuto, più sei stato vicino a Lui, più rivoltante è questo peccato, quando viene commesso. Non è uno stile di vita, anche se potrebbe diventarlo. È un peccato che possiamo commettere spesso anche quando siamo in ginocchio, cercando Dio.
Per comprendere questo messaggio, voglio darvi nuove definizioni di orgoglio e di umiltà. L'orgoglio è indipendenza; l'umiltà è dipendenza. Orgoglio è mancanza di disponibilità ad attendere che Dio agisca a suo tempo e a modo suo. L'orgoglio cerca di prendere in mano il controllo della situazione. Una delle più grandi tentazioni che i veri cristiani affrontano è quella di precedere Dio, agendo senza un chiaro mandato da parte di Dio. Significa assumere nelle proprie mani il controllo della situazione, quando sembra che Dio non stia operando abbastanza velocemente. Significa essere impazienti.
Come riferito da 1 Samuele 10, Saul commise questo terribile peccato a Ghilgal. Quando Samuele unse Saul come re, "Samuele s'intrattenne con Saul sulla terrazza" (1 Samuele 9:25). La conversazione sulla terrazza riguardava la grande guerra che stava per scoppiare contro i Filistei. Samuele stava preparando Saul, facendogli sapere di essere stato divinamente chiamato a spezzare questo legame. Samuele disse a Saul che quando i tempi sarebbero stati maturi, e Filistei ed Israeliti sarebbero stati sull'orlo del conflitto, non avrebbe dovuto muovere guerra finché il popolo non si sarebbe radunato in Ghilgal per ricevere direzioni specifiche. "Poi scenderai prima di me a Ghilgal; ed io scenderò verso di te per offrire olocausti e sacrifici di riconoscenza. Tu aspetterai sette giorni finché io giunga da te e ti faccia sapere quello che devi fare" (I Samuele 10:8). Questo doveva essere affare di Dio. Egli solo vuole avere il pieno controllo.
Samuele rappresentava la voce di Dio. Nessuna delle sue parole "cadeva a terra". Attraverso Samuele, Dio li dirigeva in modo soprannaturale e sovrano. "Io ti farò sapere quello che devi fare". Dio avrebbe fatto tutti i piani; avrebbe mostrato loro come condurre la guerra. A Saul non si dava altra disposizione, se non quella di andare all'altare di Ghilgal per aspettare la parola. Ma la guerra iniziò quando Gionathan colpì una guarnigione a Gheba. "Gionatan batté la guarnigione dei Filistei che stava a Gheba; e i Filistei lo seppero. Allora Saul sonò la tromba per tutto il paese, e disse: Lo sappiano gli Ebrei! E tutto Israele sentì dire: Saul ha battuto la guarnigione dei Filistei e Israele si è reso odioso ai Filistei. Così il popolo fu convocato a Ghilgal per seguire Saul" (I Samuele13:3-4).
Saul attese impazientemente: "Così il popolo fu convocato a Ghilgal per seguire Saul ..." Israele era in preda al panico: un grande esercito filisteo si avvicinava con migliaia di carri, 6.000 cavalieri ed un'armata che appariva numerosa come la sabbia sulla rive del mare. L'esercito di Saul fuggiva da ogni parte. Oltretutto, anche nella migliore delle ipotesi non si trattava che di un'armata eterogenea in mezzo alla quale non c'era neanche una spada. Non avevano altro che falci, asce ed attrezzi agricoli. Proprio questa era la situazione di guerra di cui Samuele aveva parlato con Saul, alcuni mesi prima, sulla terrazza. Questo doveva essere un periodo di tempo da utilizzare per radunarsi a Ghilgal ed aspettare, da parte di Dio, la sua parola chiara di direzione. Ma Saul diede a Dio un termine. Se per una certa ora la parola non fosse arrivata, Saul era deciso a fare tutto quello che occorreva per salvare la situazione. "Egli aspettò sette giorni, secondo il termine fissato da Samuele; ma Samuele non giungeva a Ghilgal e il popolo cominciò a disperdersi e ad abbandonarlo. Allora Saul disse: Portatemi l'olocausto e i sacrifici di riconoscenza; e offrì l'olocausto" (I Samuele 13:9).
Non si trattava semplicemente di aspettare, ma di aspettare "fino a che"; fino a che arrivasse la parola, fino a che fosse data la direzione dal cielo. "Aspettami ... finché io giunga da te e ti faccia sapere ..." Perché Samuele arrivò proprio poche ore più tardi? Perché Saul era messo alla prova, per vedere se credeva che si potesse avere fiducia in Dio, se sarebbe stato fiducioso ed ubbidiente anche quando le cose non andavano secondo la tabella di marcia. Samuele ritardò perché Dio gli parlò chiaramente e gli disse di ritardare. Dio voleva che Saul fosse un testimone di umile dipendenza da Dio in tutte le cose, e specialmente durante una crisi così buia.
Ma Saul fallì la prova. Guardò la situazione e tutto gli sembrò senza speranza. Fu sopraffatto da uno spirito impaziente. La logica gli diceva che si stava facendo troppo tardi, che doveva fare qualcosa. Riesco a sentirlo: "Non posso continuare ancora con questa indecisione. Dio mi ha mandato a fare qualcosa, ed io sono disposto a morire per la Sua causa. Ma qui sto seduto a far niente. Non c'è alcuna guida, nessuna parola da parte di Dio. Devo fare in modo che succeda qualcosa, altrimenti tutto sarà finito. Se continuiamo a non far nulla, perderemo completamente il controllo". Questo è un orgoglio senza scuse; è il bisogno di avere il governo della situazione. Saul credeva veramente che le cose stessero sfuggendo ad ogni controllo.
Qui è dove ho sbagliato spesso. Ho odiato il fatto di non avere il controllo della situazione. Non che io voglia essere il capo o padroneggiare sugli altri. È solo che non mi piace la sensazione di impotenza e di dipendenza. Vivendo a New York, è la prima volta che sono costretto a vivere in un appartamento in affitto, alla mercé di proprietario, capo condomino, assemblea, ascensori, riscaldamenti rotti. Quando qualcosa non funziona, devo aspettare, aspettare ed aspettare. Dico a mia moglie: "Ne ho abbastanza. Dovremo comprare un posto dove vivere, per poter avere il controllo. Tutto questo è ridicolo". Voglio avere il controllo.
Riguardo alla Times Square Church, certe volte mi sento come Saul, quando considero tutti gli ostacoli che sorgono da ogni parte. Sembra di essere così impotenti, mentre il nemico appare grande e poderoso. Divento estremamente ansioso di tenere le cose sotto controllo. Non mi piace stare in affitto ed essere sottoposto a proprietari che possono mutare. Dio ci ha promesso una sede stabile. Ma io la voglio subito! Sono frettoloso! Ci sono molte cose da fare, e poco tempo a disposizione. Penso dentro di me: "Per quanto tempo, Signore? Non mi piace non avere il controllo. Abbiamo bisogno di fare qualcosa".
Ma Dio dice: "Hai fiducia in me? Aspetta! Dopo che avrai fatto tutto ciò che potevi, stai saldo, e contempla la salvezza del Signore!" La parte più difficile della fede è l'ultima mezz'ora, proprio prima che arrivi la risposta, un attimo prima che Dio faccia un miracolo. Quello è il momento in cui crolliamo, veniamo meno, cerchiamo di fare in modo che accada qualcosa. Quello è il peccato di orgoglio. "Aveva appena finito di offrire l'olocausto, che arrivò Samuele; Saul gli uscì incontro per salutarlo" (1 Samuele 13:10). Non appena prese in mano la situazione, Samuele arrivò. La direzione divina era alla porta, solo a pochi minuti. Ma Saul non seppe aspettare!
Noi accusiamo Dio di ingannarci. Con il suo comportamento impaziente, Saul stava dicendo: "Dio mi ha mandato a fare la sua opera, ma mi ha lasciato da solo a pensare cosa devo fare. Mi ha detto di fare questo, ma ora mi lascia qui, seduto, ad aspettare. Se Dio non mi vuole rispondere, allora non può condannarmi per quello che sono costretto a fare". Giocare ad essere Dio è un orgoglio terribile. Significa accusare Dio di averci trascurato. Come Saul, anche noi riceviamo l'ordine di aspettare il Signore, di rimanere fermi per vedere la sua salvezza, di confidare sempre in Lui, di modo che egli possa dirigere i nostri passi. Ma quando scade il termine che noi stessi abbiamo fissato, c'è risentimento contro Dio e non possiamo più aspettare, e allora ci precipitiamo a fare in modo che succeda qualcosa. Ciò che stiamo dicendo è: "Dio non si prende veramente cura di me. Mi ha lasciato perdere. La preghiera e l'attesa non funzionano. Le cose vanno sempre peggio. Non posso semplicemente stare seduto mentre mi calpestano". Non abbiamo veramente fiducia nella Sua parola.
L'ordine di Samuele era: "Va' a Ghilgal ed aspetta ... Io arriverò, e tu otterrai indicazioni". Davanti a Dio, tutto quello che Saul doveva fare non era altro che aspettare la parola! Dio voleva udire Saul mentre diceva: "Dio mantiene la sua parola: mai una parola uscita dalle labbra di Samuele è caduta a terra a vuoto. Dio ha detto di aspettare indicazioni, ed io le aspetto. Che se ne fugga l'esercito intero. Che ogni israelita sia un codardo. Che ogni uomo sia dichiarato bugiardo. Se Dio dovrà farlo, mi manderà un esercito di angeli. Questa non è la mia guerra. Non ho la più pallida idea di come affrontare questo grande nemico. Tutto è nelle Sue mani. Tutto ciò che mi è stato comandato di fare è aspettare la Sua parola".
Invece, l'orgoglio ragiona così: "Dio non voleva dire questo. Forse ho capito male. Il problema sta nella mia vista e nel mio udito". Invece di rimanere fondati sulla parola di Dio, cominciamo a fare congetture. A letto, a tarda ora, diciamo: "Signore, le cose si potrebbero fare così e così". È male fare qualcosa di molto logico e ragionevole, quando non è la chiara parola di direzione da parte di Dio. Potrebbe essere la conclusione di uomini saggi e di menti ragionevoli, l'unica alternativa possibile. Ma è peccato, se non è la parola che risulta dall'aver atteso solamente Dio. Dobbiamo lasciar perdere la tendenza ad agire, a fare qualcosa. Non dobbiamo fare altro che rimanere fondati sulla Parola di Dio. Se vogliamo provare qualcosa a Dio, proviamogli che stiamo attendendo pazientemente che lui agisca. Credi veramente che Dio voglia dire quello che dice? È pericoloso fare a meno di Dio! Vuol dire non essere dipendenti.
"Ma Samuele gli disse: Che hai fatto? Saul rispose: Siccome vedevo che il popolo si disperdeva e mi abbandonava, che tu non giungevi nel giorno stabilito e che i Filistei erano radunati a Micmas, mi sono detto: Ora i Filistei mi piomberanno addosso a Ghilgal e io non ho ancora implorato il SIGNORE! Così mi sono fatto forza e ho offerto l'olocausto. Allora Samuele disse a Saul: Tu hai agito stoltamente; non hai osservato il comandamento che il SIGNORE, il tuo Dio, ti aveva dato. Il SIGNORE avrebbe stabilito il tuo regno sopra Israele per sempre. Ora invece il tuo regno non durerà. Il SIGNORE si è cercato un uomo secondo il suo cuore, e il SIGNORE l'ha destinato a essere principe del suo popolo, poiché tu non hai osservato quello che il SIGNORE t'aveva ordinato" (I Samuele 13:11-14).
Saul attese sette giorni, ma quell'attesa non fu santa. Era impaziente, arrabbiato, timoroso ed imbronciato. Dobbiamo aspettare con fede, credendo che Dio prende cura di noi e ci ama, che sarà al posto giusto nel suo momento. Questo fatto dell'attesa è talmente importante che devo mostrarvi alcune scritture, per dimostrarvelo.
"In quel giorno, si dirà: Ecco, questo è il nostro Dio; in lui abbiamo sperato, ed egli ci ha salvati. Questo è il SIGNORE in cui abbiamo sperato; esultiamo, rallegriamoci per la sua salvezza!" (Isaia 25:9).
"Mai si era udito, mai orecchio aveva sentito dire, mai occhio aveva visto che un altro dio, all'infuori di te, agisse in favore di chi spera in lui" (Isaia 64:4).
Confronta l'orgoglio impaziente di Saul con l'attesa di Davide per le direzioni di Dio. Che cosa bella! Che chiarezza! "I Filistei salirono poi di nuovo e si sparsero nella valle di Refaim. Davide consultò il SIGNORE il quale gli disse: Non salire; gira alle loro spalle e giungerai su di loro di fronte ai Gelsi. Quando udrai un rumore di passi tra le vette dei gelsi, lanciati subito all'attacco, perché allora il SIGNORE marcerà davanti a te per sconfiggere l'esercito dei Filistei. Davide fece così come il SIGNORE gli aveva comandato e sconfisse i Filistei da Gheba fino a Ghezer" (2 Samuele 5:22-25). Il nemico si era sparso davanti a lui, ma Davide doveva avere la parola di Dio! Egli si mosse solo dopo.
L'orgoglio viene espulso dall'idea di servizio. Oggi tutti vogliono essere tutto fuorché dei servitori. Uno dei giochi per ragazzi più diffusi in America si chiama "Signori dell'Universo"! Ma questa sta diventando pure la teologia di molti cristiani. Citiamo questa scrittura: "Così tu non sei più servo, ma figlio; e se sei figlio, sei anche erede per grazia di Dio" (Galati 4:7). Ma ciò che Paolo vuole dire veramente è che un figlio che è stato allevato correttamente sa di essere legalmente il figlio del re, con tutti i relativi diritti, però ama così tanto suo padre, da scegliere il ruolo di servo. Lo stesso Paolo dichiara anche di essere un "servo di Gesù Cristo" (Romani 1:1), Pietro si definiva "servo di Gesù Cristo" (2 Pietro 1:1). E Cristo, il Signore, il vero Figlio di Dio, "spogliò sé stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce" (Filippesi 2:7-8). Lasciate che in voi ci sia la stessa idea che fu anche in Gesù Cristo. Un servo non ha una sua volontà propria; la parola del suo signore è la sua volontà.
La croce rappresenta la morte di tutti i miei progetti, delle mie idee, dei miei desideri, delle speranze e dei sogni. Soprattutto, è la morte più assoluta della mia volontà. Questa è la vera umiltà. L'umiltà è associata solo alla croce " ... umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce" (Filippesi 2:8). Egli aveva detto ai suoi discepoli: "Il mio cibo, la mia realizzazione nella vita, è fare la volontà di colui che mi ha mandato" (Giovanni 4:34). Egli disse: "Io non posso far nulla da me stesso; come odo, giudico ..." (Giovanni 4:30). In altre parole: "Mi rifiuto di prendere in mano la situazione. Voglio ascoltare ogni indicazione da parte di mio Padre!" Colui che è la Luce, l'intelligenza assoluta, che conosce ogni cosa, umilia se stesso, si rende dipendente dal Padre in tutte le cose. "Non posso farcela da solo" disse Gesù.
Giovanni scrisse: " ... qual egli è, tali siamo anche noi in questo mondo" (I Giovanni 4:17). Non c'è alcun vero cristiano che non possa dire: "Voglio fare veramente la Sua perfetta volontà". Ma è proprio qui che sbagliamo, stabilendo i nostri cuori su quello che vogliamo noi, che ci sembra buono e logico, ma che non è la volontà di Dio. Preghiamo, digiuniamo ed intercediamo per questo. Spandiamo un fiume di lacrime! Lo reclamiamo! Leghiamo i demoni che ci impediscono di possederlo! Citiamo la Bibbia! Facciamo in modo che altri si accordino con noi! Una delle più grandi trappole per i cristiani è avere una buona idea che non è il pensiero di Dio, una buona strategia che non è la Sua, un piano ben concepito che non è il suo. La domanda è: il tuo desiderio sopravvive alla croce? Riesci ad allontanartene e a morire ad esso? Puoi dire onestamente: "Signore, forse non è il diavolo che mi sta bloccando, ma sei Tu! Se questa cosa non è la Tua volontà, potrebbe distruggermi. La lascio alla croce! Alla morte! Fa' a modo tuo, Signore!"
Quando seppellisci ogni egoismo, ambizione e volontà personale, puoi sentire la Sua voce. Gesù disse: "In verità, in verità vi dico: l'ora viene, anzi è già venuta, che i morti udranno la voce del Figlio di Dio ... tutti quelli che sono nelle tombe udranno la sua voce" (Giovanni 5:25-28). Questo è il motivo per cui migliaia di cristiani oggi si vanno cacciando nei guai, continuando a sentire piccole voci. C'è confusione, le cose non riescono bene, perché non c'è la morte della volontà personale. Sì, credo che Dio parli ai Suoi figli. Puoi sentire la sua voce vera, santa, inconfondibile, ma solo dopo la crocifissione della tua volontà e dei tuoi desideri personali. Gesù sentiva chiaramente il Padre. Lo stesso accadeva a Paolo, Pietro, Giovanni e Stefano; ma solo perché erano morti a questo mondo. Erano consumati dal desiderio di fare solo la Sua volontà.
L'umiltà è la dipendenza totale da Dio. È aver fiducia che Dio farà la cosa giusta, nel momento giusto e nel modo giusto. È credere che ti userà nel modo giusto e nel momento giusto. Umiltà è attendere pazientemente il Signore, con uno spirito di fede piena di aspettativa. L'orgoglio non ha nessuna pazienza. "Sta' in silenzio davanti al SIGNORE, e aspettalo; non adirarti per chi ha fortuna nelle sue imprese, per l'uomo che ha successo nei suoi malvagi progetti. Cessa dall'ira e lascia lo sdegno; non adirarti; ciò spingerebbe anche te a fare il male" (Salmo 37:7-8). Questo ci dice: "Non preoccuparti per l'apparente successo di quelli che sembra ti stiano passando davanti. Stanno prendendo scorciatoie. Essi sono benedetti e prosperano, mentre tu stai lì, seduto, confidando in Dio". Dio dice: "Aspetta soltanto. Sono su un terreno scivoloso. Se fai a modo mio, non te ne pentirai. La pazienza sta facendo un'opera in te. Aspettando in fede, stai diventando più forte. Lascia che la costanza compia in te la sua opera perfetta!"
La persona che ha un'esperienza con Dio non è sempre affaccendata. Piuttosto, è quella che aspetta Dio in fede. Sta facendo esperienze, come ci viene detto in Romani 5:4. "Prendete, fratelli, come modello di sopportazione e di pazienza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore. Ecco, noi definiamo felici quelli che hanno sofferto pazientemente. Avete udito parlare della costanza di Giobbe, e conoscete la sorte finale che gli riserbò il Signore, perché il Signore è pieno di compassione e misericordioso" (Giacomo 5:10-11). Dio considera la gioiosa costanza ed una paziente sopportazione come un cammino "in modo degno del Signore". "... perché camminiate in modo degno del Signore per piacergli in ogni cosa, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio; fortificati in ogni cosa dalla sua gloriosa potenza, per essere sempre pazienti e perseveranti" (Colossesi 1:10-11).
Gesù ci ha lasciato una gloriosa promessa: di guardarci anche durante i giorni bui che ci stanno davanti! Egli disse: "Siccome hai osservato la mia esortazione alla costanza, anch'io ti preserverò dall'ora della tentazione che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della terra" (Apocalisse 3:10). Gesù sta dicendo: "Sei rimasto fedele durante le prove a cui sei stato sottoposto dal mondo. Hai atteso gioiosamente che io risolvessi la situazione. Adesso, mentre tutto intorno c'è confusione, mentre in tutto il mondo ci sono prove, tu ne sarai esente. Tu hai dimostrato di aver fiducia in me, accada quel che accada!"
Proprio in questi giorni, il Signore sta preparando un popolo umile che ha sperimentato che Dio è fedele. Sono persone che non dicono solo: "Dio ha tutto sotto controllo" ma Gli hanno veramente lasciato il controllo della loro vita. "Egli non temerà cattive notizie; il suo cuore è saldo, fiducioso nel SIGNORE" (Salmo 112:7).