Nutrire Cristo
Recandosi in Galilea, Gesù giunse al pozzo di Giacobbe in Samaria. Stanco del viaggio, vi si fermò per riposare mentre i suoi discepoli andarono ad acquistare del cibo. Nel frattempo, una donna samaritana arrivò al pozzo per attingervi dell'acqua. Gesù le fece una semplice richiesta: "Dammi da bere" (Giovanni 4:7).
Le parole di Cristo alla donna diedero inizio ad una lunga conversazione. Ella finì col parlare a lungo, e così Gesù. Durante la loro chiacchierata, ella fu stupita da tutte le cose che lui le disse. Alla fine ella affermò: "Io so che il Messia (che è chiamato Cristo) deve venire; quando sarà venuto ci annunzierà ogni cosa". Gesú le disse: "Sono io, io che ti parlo!" (4:25-26).
Mentre Cristo le rivelava la sua identità, i discepoli fecero ritorno. Essi si stupirono di trovare il Maestro così coinvolto nel dialogo con questa donna samaritana. Mentre si affrettavano a preparare il pranzo, questa donna esterrefatta ritornò in città. Infine, quando fu pronto il cibo, i discepoli dissero: "Maestro, mangia" (4:31).
Ma Gesù rispose con questa strana affermazione: "Io ho un cibo da mangiare che voi non conoscete" (4:32). In effetti, stava dicendo loro: "Sono stato già sfamato. Mentre voi non c'eravate è venuto qualcuno, ed io sono completamente sazio. Vedete, c'è qualcosa che mi riguarda di cui voi non siete a conoscenza. Il mio cibo non è di questo mondo".
Cristo spiegò: "Il mio cibo è far la volontà di colui che mi ha mandato, e compiere l'opera sua" (4:34). Ora, tutti noi sappiamo che l'opera di Dio è quella di seminare e raccogliere l'evangelo, raccogliendo una mésse di anime. Gesù proprio nel verso seguente dice: "Non dite voi che ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ebbene, vi dico: alzate gli occhi e guardate le campagne come già biancheggiano per la mietitura" (4:35).
In breve, dobbiamo compiere l'opera del regno di Dio testimoniando, evangelizzando e vincendo delle anime. Gesù svolse quest'opera con la donna samaritana. La Bibbia dice che ella credette che Egli era il Messia, poiché testimoniò: "Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto; non potrebbe essere lui il Cristo?" (4:29).
Ebbene, dietro a tutto ciò che compiamo per il regno, c'è una motivazione. E quella motivazione va oltre un grande raccolto di anime. Lo scopo del Padre sin dalla creazione - sin dalla nascita del genere umano - era quello di creare un corpo in comunione per il suo Figlio. E qui in questa scena al pozzo di Giacobbe, vediamo che questo bisogno di comunione che Cristo avverte, fu soddisfatto.
In sostanza, Cristo disse ai suoi discepoli: "La mia fame è stata saziata da questa donna. Le ho chiesto solo dell'acqua da bere. Ma lei mi ha dato da mangiare. Mi ha dato un cuore onesto e alla ricerca. Mentre le parlavo, lei ascoltava attentamente. Mi ha aspettato, ed ha udito ogni parola che le dicevo. Ed udendo le mie parole, ha creduto e le ha messe in pratica. Voi dovete comprendere che questo genere di comunione per me è cibo".
La Scrittura dice che Cristo fu generato prima della creazione del mondo: "Il Figlio, che egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale ha pure creato i mondi" (Ebrei 1:2). "Essa era nel principio con Dio. Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta" (Giovanni 1:2-3).
Sin dall'inizio, vediamo che il Signore cercava la comunione con l'uomo. Il Suo Spirito camminava insieme ad Adamo nel Giardino dell'Eden, conversando nella brezza del giorno. Questi momenti di intimità erano cibo per il Signore, una delizia ed un piacere per lui. Tale comunione era nei suoi piani sin dal principio. Ma quando Adamo peccò, la comunione si interruppe.
In seguito in Genesi, leggiamo di un uomo di nome Enoc che venne portato in cielo: "Enoc camminò con Dio; poi scomparve, perché Dio lo prese" (Genesi 5:24). Enoc aveva avuto comunione col Signore per 365 anni. Eppure visse solo metà dell'età media di quei tempi. Ponderando queste cose, sentii lo Spirito di Dio chiedermi: "Perché pensi abbia portato in gloria Enoc così presto? I suoi contemporanei vivevano settecento - ottocento anni. Perché pensi Lo abbia preso nella metà dei suoi anni?"
Non avevo risposta. Lo Spirito mi sussurrò: "La comunione è il mio cibo, David. La mia Parola dice che Enoc camminò con me. Questo significa che aveva comunione con me, mi aspettava, desiderava conoscere la mia voce. Ascoltava mentre gli aprivo il Mio cuore. La nostra comunione era diventata così intima, che Lo volevo qui con me per l'eternità, dove non esiste notte. Perciò l'ho portato al mio fianco, perché vivesse una comunione eterna ed ininterrotta".
Il Signore mi pose la stessa domanda a proposito di Mosè: "Perché ho chiamato il mio amato servo, quando era ancora nel fiore dei suoi anni?" Forse penserai: "Perché Mosè non poteva entrare nella Terra Promessa". Ma il fatto è che Israele non entrò in Canaan subito dopo. Mosè poteva ancora vivere per qualche tempo.
E qui udii il Signore che diceva: "Mosè ebbe comunione con me come nessun altro uomo. Perché pensi sia sceso dal monte con quello splendore soprannaturale sul volto? La legge non poteva produrre quel bagliore. Era l'effetto di essere stato alla mia presenza per quaranta giorni e quaranta notti. Quando ci incontrammo faccia a faccia, lui mi diede da mangiare. Sì, lo istruii durante quel periodo. Ma abbiamo avuto anche una dolce comunione. Io ho parlato con Mosè, e lui mi ha dato ascolto. Gli ho mostrato che il tabernacolo per me era un'immagine intrisa di gloria. Ed infine, quando presi Mosè, fu per averlo al mio fianco, assieme ad Enoc".
Giunse poi la domanda seguente: "Ed Elia? Perché pensi abbia mandato un carro per prenderlo? Questo fiero profeta poteva vivere ancora molti anni come mio fedele testimone. Gli avevo dato solo una visione di quello che voleva dire un vero ministero. Ma invece, volevo portare Elia alla mia presenza. Lui aveva pregato come pochi altri hanno saputo fare. Ed Io lo volevo al mio fianco, per una comunione ininterrotta per l'eternità".
Ed ecco quei tre servi intimi riuniti attorno al Signore. Questo arricchisce di significato le parole di Gesù: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Matteo 18:20). In altre parole: "Ogni qualvolta due o tre di voi sono riuniti in comunione, io sono lì con voi, conversando ed avendo comunione. E questo mi nutre. Mi compiaccio quando mi aspettate. Ministrate profondamente ai miei bisogni quando aspettate per udire la mia voce. Voi state adempiendo gli scopi che il Padre ha avuto sin dal principio".
Ora lasciatemi condurvi sul Monte della Trasfigurazione. Gesù vi aveva portato tre dei suoi discepoli: Pietro, Giacomo e Giovanni. Improvvisamente, davanti agli occhi di questi uomini, Cristo venne trasportato in una dimensione celeste: "La sua faccia risplendette come il sole e i suoi vestiti divennero candidi come la luce" (Matteo 17:2). Subito dopo leggiamo: "E apparvero loro Mosè ed Elia che stavano conversando con lui" (17:3). Il vocabolo greco per "conversare" qui è "soon", che vuol dire unione, comunione. Mosè ed Elia stavano in comunione con Gesù, dialogando fra di loro.
Cosa vuol dire questa scena? Io credo che non abbia niente a che fare col ministero di Gesù sulla terra. Né penso abbia avuto niente a che fare con i suoi discepoli. Dopo tutto, Cristo disse loro: "Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo sia risuscitato dai morti" (17:9).
No, credo che Gesù, nel suo corpo glorificato, stava consumando il suo ultimo pranzo. Sapeva che era al termine, e desiderava di quel cibo che l'uomo "non conosce". Stava per affrontare la croce, stava per pagare il prezzo concordato per redimere l'umanità dal peccato. Ed ora voleva celebrare con i suoi amici intimi, per rafforzare la sua anima per quel momento terribile. Secondo la mia opinione, l'incontro di Cristo con Mosè e con Elia fu un dono del Padre. Dio voleva ricordare al Figlio la sua Gloria, dicendo: "Ecco il cibo celeste che ti aspetta".
La seguente parabola dovrebbe cambiare il concetto della comunione in ogni cristiano:
"Se uno di voi ha un servo che ara o bada alle pecore, gli dirà forse, quando quello torna a casa dai campi: Vieni subito a metterti a tavola? Non gli dirà invece: Preparami la cena, rimboccati le vesti e servimi finché io abbia mangiato e bevuto, poi mangerai e berrai tu? Si ritiene forse obbligato verso quel servo perché ha fatto quello che gli era stato comandato? Così, anche voi, quando avrete fatto tutto ciò che vi è comandato, dite: Noi siamo servi inutili; abbiamo fatto quello che eravamo in obbligo di fare" (Luca 17:7-10).
Sappiamo che il padrone di questa parabola è Gesù. Ed il servo qui rappresenta ogni credente. È chiaro che questa parabola parla del nutrire Cristo. Ed evidentemente il nostro Signore considera sia questa la nostra vocazione più alta.
Forse obietterai: "Pensavo che la nostra chiamata più importante era di andare nel campo di raccolta a lavorare". Ed invero quella è un'alta vocazione. Ma Gesù dice che non è la maggiore. La "alta vocazione di Dio in Cristo Gesù" a cui si riferisce Paolo è nutrire Lui. Tutti i nostri servizi devono nascere dalla comunione e dall'intimità con Cristo. Non sono mai riuscito a capire questo concetto, finché non mi sono messo nei panni del servo.
Improvvisamente, mi ritrovo ad essere una persona nei campi, che ara e nutre le pecore. Quando la giornata è finita, sono stanco, sudato ed affamato. Ho lavorato sodo e fedelmente, ed ora ho bisogno di nutrirmi. Perciò mi reco alla mensa del padrone per ricevere da mangiare. Mentre entro, mi aspetto di udire il padrone che mi dice: "Per favore, siediti. Ti devi rinfrescare". Perciò mi metto vicino al tavolo, ho un aspetto affamato, ed i miei occhi implorano: "Ho bisogno". Ma il padrone non mi dice: "Siediti e mangia". Al contrario, mi comanda: "Mettiti il grembiule. Sono pronto per mangiare, perciò servimi. Poi, dopo avermi servito, mangerai e berrai tu".
Questa è la dimostrazione che siamo chiamati a nutrire Cristo. Di primo acchito, questo comando sembra crudele ed esigente. Ma non può essere altro che la verità. Il pio profeta Eliseo diede un comando simile, quando fu nutrito dalla vedova. Eliseo le disse: "Fai prima il pane per me. Poi mangerai tu". In effetti, questo passo sta dicendo: "Metti il regno di Dio al primo posto. Poi ti sarà dato tutto il resto".
Quando mi rendo conto di ciò che Gesù sta dicendo in realtà, il mio cuore si scioglie. Egli aveva già detto ai suoi discepoli: "Vi chiamo amici" (Giovanni 15:15). Ed ora sta dicendo, in effetti: "Voi siete miei servi, ma vi chiamo amici. Ed ho una necessità che solo la vostra amicizia può soddisfare. Siete stati nei campi tutto il giorno, lavorando per me, e siete stanchi ed affamati. Ma, prima che io vi dia da mangiare, dovete fare qualcosa per me. Voglio che veniate a sedervi alla mia tavola e mi lasciate parlare. Io aspetto questo momento ogni giorno, aspetto di aver comunione con voi. Cingetevi e servitemi".
Non dobbiamo immaginarci questo servo come un cameriere che va freneticamente dalla cucina alla tavola. No, il servo che Cristo sta presentando qui è l'immagine di un amico, qualcuno che viene invitato semplicemente a sedersi e ad ascoltare. Il padrone gli sta dicendo: "Ho sentito la tua mancanza. Adesso dammi da mangiare, permettimi di condividere con te i pesi del mio cuore. Fammi parlare alla tua via. Voglio mostrarti le cose del futuro".
Perciò, vedete, nutrire Cristo non è una relazione univoca, con noi che facciamo tutto. Piuttosto, nutriamo il nostro padrone quando gioiamo nell'udire la sua voce. Gli ministriamo del cibo quando lo ascoltiamo pazientemente. Il Signore descrisse questo concetto ad Ezechiele: "Ma i sacerdoti leviti, figli di Sadoc, i quali hanno mantenuto l'incarico che avevano del mio santuario quando i figli d'Israele si sviavano da me, saranno quelli che si accosteranno a me per fare il mio servizio, e che si terranno davanti a me per offrirmi il grasso e il sangue, dice DIO, il Signore. Essi entreranno nel mio santuario, essi si accosteranno alla mia tavola per servirmi, e compiranno tutto il mio servizio" (Ezechiele 44:15-16). I sacerdoti di Sadoc avevano la vocazione maggiore fra tutto il popolo di Dio. Cosa chiese loro il Signore? Voleva che ministrassero a Lui alla sua tavola. Oggi lo facciamo, prestando ascolto alla voce del nostro Signore.
Gesù ci parla dello stesso genere di intimità conviviale: "Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me" (Apocalisse 3:20). Cristo sta dicendo, in effetti: "Sono qui, voglio entrare per sedermi a tavola con te. Voglio darti da mangiare, e voglio che tu mi dia da mangiare".
Forse penserai: "Ma Gesù usa delle frasi così impersonali in questa parabola; dice parole come 'dovere' e 'servo inutile'. Sembra così privo di carità. Non si adatta al carattere di Dio". In realtà, la parola greca per "inutile" significa qui "immeritato". E la parola "dovere" significa "beneficio". In breve, ogni servo fedele dovrebbe ammettere: "Non c'è niente di meritevole in quello che ho fatto. Ho fatto solo quello che mi arreca beneficio".
Gesù sta dicendo, in altre parole: "Non andartene dalla mia presenza pensando: 'Il mio padrone mi deve essere grato. Oggi gli ho dedicato del tempo prezioso. Ora è in debito con me'. Sai che la mia grazia non può essere guadagnata. È un dono che ti è stato dato gratuitamente. Ed i miei comandamenti non sono gravosi. Al contrario, ti arrecano beneficio. Perciò, ogni qualvolta mi nutri, non pensare sia un'opera buona. Tali azioni non costituiscono un credito contro il peccato".
La questione di nutrire Cristo dovrebbe umiliarci profondamente. Dovremmo chiederci onestamente: "Perché Gesù mi vorrebbe vicino a lui? Perché mi chiede di attendere alla sua presenza? Sono così debole nella fede, così incline al fallimento. Eppure, mi dice che quando l'aspetto ed ascolto la sua voce, lo nutro. Dice che è cibo per lui quando sono affamato di ascoltare mentre parla. Ma come può essere vera una cosa del genere?" Che questi pensieri ci possano tenere umili davanti al Signore.
Quando prego, inizio entrando nei cortili di Dio con lodi e ringraziamento. Poi trascorro del tempo in adorazione. In seguito, faccio le richieste, pregando per le petizioni che riceviamo al nostro ministero. Supplico inoltre per le vedove, per gli orfani, per i senza casa, per i poveri, gli anziani, i malati e gli afflitti. Infine prego per la mia famiglia, e chiedo direttive per questo ministero. Poi rimango in silenzio, aspettando che il Signore Gesù mi parli.
Recentemente, dopo il mio tempo di preghiera, stavo quasi per alzarmi e concludere quando udii una piccola voce sussurrarmi: "David, per favore non andare via. Non lasciarmi ancora. Ho così tanto da condividere con te. Ci sono tante cose nel mio cuore che desidero mostrarti, a proposito dei bisogni del mondo e della condizione della mia chiesa. Mi nutri se mi ascolti".
In Luca 24 troviamo una scena commovente che riguarda il desiderio di Cristo di essere nutrito. In quel periodo, Gesù era appena risorto, aveva compiuto la sua opera di redenzione. Ora aveva un corpo glorificato. Era ancora un uomo, toccato dai sentimenti umani, ma non era limitato da barriere materiali. Poteva apparire e scomparire quando voleva, e nessuna porta e nessun muro potevano fermarlo.
Dove si recò per primo il Signore? Subito dopo la sua risurrezione, nel suo corpo glorificato ci fu un desiderio. Era affamato, desiderava del cibo che "voi non conoscete" (Giovanni 4:32). Lo vediamo per prima sulla strada che portava da Gerusalemme nei pressi di Emmaus. Improvvisamente, apparse a due dei suoi discepoli, che erano abbattuti a motivo della sua morte. La Scrittura dice: "Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesú stesso si avvicinò e cominciò a camminare con loro. Ma i loro occhi erano impediti a tal punto che non lo riconoscevano" (Luca 24:15-16).
Proprio come fece con la donna samaritana, Gesù iniziò una conversazione con questi uomini. Chiese: "Di che cosa state parlando? E perché siete così tristi?" E loro, increduli, dissero: "Tu solo, tra i forestieri, stando in Gerusalemme, non hai saputo le cose che vi sono accadute in questi giorni?" (24:18).
Forse Gesù stava giocando con i sentimenti feriti di questi uomini? No, assolutamente no. Al contrario, fece proprio l'opposto, scavando nella profondità dei loro cuori. Permise loro di sfogarsi, al punto persino di rasentare l'incredulità. E poi si rivolse alla loro incredulità: "E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano" (24:27). Spiega come un manuale da seminario. Questi uomini comprendono tutto: le profezie riguardanti la venuta del Cristo, e il significato della sua morte, della sua sepoltura e della sua risurrezione.
Che cose spinse Gesù in quel luogo? Perché scelse di camminare e di parlare con questi due uomini? Voleva semplicemente trascorrere del tempo qualitativo con i suoi amici. Voleva trascorrere con loro una comunione tranquilla, aprendo loro il Suo cuore e la Sua Parola, in una dolce unione. Ed il fatto che i due uomini ascoltarono e che i loro cuori si infuocarono, lo nutrì.
Quella sera, quegli uomini si fermarono presso una locanda per trascorrervi la notte. A quel punto, Gesù "fece come se volesse proseguire" (24:28). Forse il Signore disse: "Fratelli, mi avete dato molto del vostro tempo. Ed avete ben ascoltato mentre vi condividevo il mio cuore. Non vi tratterrò più a lungo. Andrò oltre e vi lascerò riposare".
A questo punto la storia poteva finire. Infatti, per molti credenti, questa è veramente la fine. Sono soddisfatti di quell'incontro che hanno avuto con Gesù tanti anni fa. Adesso cercano soltanto la conoscenza biblica. Non si curano di cercare un'intimità con lui. Testimoniano: "Sì, conosco Cristo. Ho una profonda conoscenza di lui". Ma non aspettano il Signore, per nutrirlo. Non conoscono la sua voce. E non hanno una rivelazione personale di chi Lui è.
Ma i discepoli sulla via d'Emmaus non lasciarono accadere una cosa del genere. Quando Gesù fece per andarsene, essi "lo trattennero dicendo: Rimani con noi" (24:29). Il vocabolo greco per "trattenere" significa qui "costringere". Per dirla in parole semplici, non lo lasciarono andar via. Ricordate, non avevano ancora riconosciuto il loro Signore. Ma i loro cuori bruciavano a motivo delle parole che aveva detto loro (vedi 24:32). Ora lo costringono: "Devi rimanere con noi".
Questo era l'atteggiamento che Gesù stava aspettando. Aveva tante altre cose da dir loro. E subito dopo leggiamo uno dei più bei passi della Scrittura: "Ed egli entrò per rimanere con loro" (24:29). Questi due uomini avevano nutrito Cristo ascoltando il suo cuore. Ed ora egli li conduce alla sua tavola, dove sta per nutrirli: "Quando fu a tavola con loro prese il pane, lo benedisse, lo spezzò e lo diede loro. Allora i loro occhi furono aperti e lo riconobbero; ma egli scomparve alla loro vista" (24:30-31).
Grazie a Dio che questi discepoli costrinsero Gesù a rimanere con loro. Altrimenti, non avrebbero mai avuto gli occhi aperti al Cristo vivente. Sarebbero ritornati a Gerusalemme con una testimonianza morta: "Abbiamo incontrato un tizio sulla via d'Emmaus che ci ha insegnato profondamente le cose della Parola. Ci ha infuocato il cuore, ed abbiamo compreso Cristo come non ci è mai successo prima". Gli altri discepoli avrebbero insistito dicendo: "Ma avete visto il Signore? Lo avete toccato? Avete scoperto dove si trova? Dite che i vostri cuori sono stati infuocati. Ma, diteci, Gesù è vivo?" Tristemente, non avrebbero potuto rispondere.
Ma invece questi uomini fedeli corsero dai loro fratelli a Gerusalemme, potendo dare questa testimonianza vibrante: "Il Signore è veramente risorto! Abbiamo parlato con lui ed abbiamo mangiato con lui. Vi diciamo che l'abbiamo visto vivo. E ci ha nutriti con la Parola di Dio proveniente dalla sua bocca. Sì, è vivo e vegeto" (vedi 24:33-35). Poi, proprio in quel momento, Gesù apparve nel loro mezzo.
Non molte persone prendono del tempo per aspettare il Signore. La maggior parte si accontenta di andare in chiesa, di udire la Parola predicata e di crescere soltanto nella conoscenza di Gesù. A volte, i loro cuori possono infuocarsi nell'udire la Parola di Dio. Ma non pagherebbero il prezzo per avere intimità con Cristo.
Ora Pietro ci dice: "Crescete nella grazia e nella conoscenza del nostro Signore e Salvatore Gesú Cristo" (2 Pietro 3:18). Proprio quello che questi due discepoli sperimentarono sulla via d'Emmaus. Essi crebbero nella conoscenza del Signore, tramite le Scritture. Ma questo è solo il fondamento; non è il completamento dell'opera. Paolo lo sapeva, e perciò scriveva: "Cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo" (Efesini 4:15).
Ecco il punto, chiaro e semplice: Gesù Cristo vuole essere il tesoro più importante della tua vita. Vuole essere per te molto più importante del tuo lavoro, della tua carriera e persino della tua famiglia. E vuole diventare sempre più prezioso per te, col passare dei giorni.
Perciò, quant'è prezioso per te Gesù? Forse affermerai: "È la cosa più importante della mia vita. Cristo è tutto per me". Se questo è vero, non ti accontenterai soltanto di saperne di più su di Lui. Desidererai ascoltarlo mentre ti parla. Ed il tuo desiderio di aspettarlo crescerà sempre di più. Udire la sua voce tranquilla e dolce, diventerà la tua gioia maggiore. E non permetterai a nient'altro di rubare il tuo tempo con Lui. Al contrario, più trascorrerai del tempo con lui, e meno ti preoccuperai delle difficoltà di questa vita.
Hai intrapreso quel cammino con Cristo verso Emmaus? Sei stato ben educato nella Sua Parola, il tuo cuore ha gioito nella verità? Ma cosa più importante: ti sei compiaciuto nel servirlo e nel dargli da mangiare? Presta attenzione: corri il pericolo di allontanarti dalla tua comunione con lui. Paolo parla di "apostasia" che avrebbe colto la chiesa (2 Tessalonicesi 2:3). La parola greca qui indica un divorzio o un allontanamento. In breve, molti si allontaneranno dal Signore, abbandonando il loro amore per lui e divorziando dalla sua comunione.
Ma voglio darvi una parola di speranza. Ho imparato qualcosa che ha reso il Signore ancora più prezioso per me. Credo che questo segreto abbia aumentato la mia relazione con lui, e che mi impedirà di apostatare nei giorni avvenire. Qual è la chiave? È qualcosa che ho aggiunto al mio tempo di preghiera. Lasciatemi spiegare.
Prego come al solito, nel modo che ho descritto in precedenza. Dopo aver concluso il mio tempo di preghiera, continuo ad indugiare nella mia stanzetta di preghiera. Mi prostro davanti al Signore e dico: "Gesù, sono qui per te. Non ti porto nessuna richiesta né supplica. Questo è il tempo tuo, soltanto tuo. Sono qui per ascoltare il tuo cuore". Rimango semplicemente alla sua presenza, amandolo ed aspettandolo. So che verrà da me e condividerà i suoi pensieri.
Infatti, mi disse questo: "Ora so che mi hai reso il tesoro della tua vita, David. So di essere per te più prezioso della tua famiglia, del tuo ministero e del tuo lavoro. Mi vuoi più di ogni altra cosa. E questo è cibo per me. Voglio che continui a venire da me in questo modo, e mi lasci aprire il cuore a te. Se continuerai a farlo, sarò sempre lì a parlarti".
Poi il Signore mi diede un'ultima parola per la sua chiesa. Ve la dico in tutta sincerità: Gesù vi chiede di nutrirlo dandogli ogni giorno del tempo qualitativo. Non sto parlando del tempo che trascorri leggendo la Bibbia o pregando per i bisognosi. Devi continuare a farlo.
Ma quando avrai finito i tuoi lavori quotidiani, vieni alla tavola del maestro, per servirlo. Ti chiede semplicemente di aspettare alla sua presenza finché non udrai la sua voce. Vuole del tempo per svelarti il suo cuore. Perciò fai in modo che il tempo in cui lo servirai, sia un tempo senza orologio. Ogni volta che lo aspetti, promette di parlarti.
Che privilegio, quello di nutrire il nostro prezioso Signore e Salvatore!