Una Voce — Uno Specchio — Un Passo Di Fede!
Ci sono tre grandi verità che vorrei portare alla vostra attenzione. Ognuna di esse è una definizione di ciò che dovrebbe essere un vero cristiano.
Tre uomini unti da Dio possono meglio esemplificarci queste verità e sono Giovanni Battista, Stefano e Pietro. Giovanni fu la voce, Stefano rispecchiò la gloria e Pietro fece un passo di fede azzardato. Il loro esempio dovrebbe essere la meta di ogni vero credente devoto al Signore Gesù Cristo.
Che meravigliose lezioni possiamo imparare dalle loro vite e dai loro ministeri! Possiamo conoscere ciò che Dio richiede da noi nel servizio, possiamo imparare a riflettere la Sua gloria, e possiamo imparare il tipo di cammino che dobbiamo compiere per piacergli di più.
La definizione fatta da Giovanni del suo ministero fu semplice e concisa. Disse: "Io sono la voce di uno che grida nel deserto" (Giovanni 1:23). Troviamo qui un servo dell'Onnipotente, che secondo le Scritture fu il maggiore "fra quelli nati da donna". Fu il più grande e il più benedetto di tutti i profeti e fu anche un predicatore di giustizia molto riverito.
Le folle accorrevano per udire i suoi messaggi radicali. Molti si facevano battezzare e diventavano suoi discepoli. Persino la stirpe regale fu influenzata da quest'uomo. Alcuni pensavano che fosse il Cristo; altri credevano fosse Elia risorto.
Giovanni rifiutò ogni forma di esaltazione o di promozione. Era svuotato da ogni egocentrismo e evitava continuamente di mettersi in mostra. Il più grande fra tutti i profeti non si considerava neanche degno di essere chiamato uomo di Dio — ma solo una voce. Una voce selvaggia, modesta, schiva e incurante di qualsiasi onore o utilità. A lui non importava avere "un ministero" o essere "usato potentemente da Dio". Si considerava persino indegno di toccare le scarpe del suo padrone. La sua vita era interamente devota a "l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo".
Che esempio potente è per noi, in questa era di auto occupazione, di promozione di personalità, alla ricerca di influenze, di egoismi ed onori. Giovanni avrebbe potuto avere tutto questo ma gridò: "Io devo diminuire — Lui deve crescere" (Giovanni 3:30). E per raggiungere questo obiettivo, Giovanni continuava a ricordare a tutti coloro che andavano ad udirlo: "Io sono solo una voce".
Chi fra di noi oggi è disposto ad essere una nullità per considerarsi "solo una voce" che grida nel deserto? Quanti oggi sono disposti a perdere i propri seguaci — arimanere appartati e fuori dalla vista di tutti — per diventare sempre meno popolari e inutili?
Intorno a me sento cristiani che dicono: "Voglio che Dio mi usi. Voglio che la mia vita conti per il Signore. Voglio servirlo con tutte le mie capacità. Preferirei un tipo di ministero".
Tutto questo è molto bello, ma saresti disposto ad essere "solo una voce"? Sei disposto a trovare la tua gioia e la tua soddisfazione non nel servizio ma in una comunione devota con il Signore? Probabilmente i premi maggiori andranno a coloro che, di nascosto e sconosciuti a tutti, glorificano il Signore testimoniando semplicemente della Sua fedeltà nelle prove.
Il segreto della felicità di Giovanni era una gioia che non proveniva dal ministero o dal suo lavoro, né dalla sua utilità personale o dalla sua grande influenza. La sua gioia nasceva dallo stare nella presenza dello Sposo, nell'udire la Sua voce e nel gioire in essa. La sua gioia consisteva nel vedere altri, compresi i suoi discepoli, che correvano a Gesù, l'Agnello di Dio.
La più grande soddisfazione per un figlio di Dio è quella di perdere il desiderio di essere qualcuno, e gioire semplicemente nell'essere un figlio o una figlia che vive nella presenza del Signor Gesù Cristo. Ciò che soddisfa il cuore è essere totalmente occupati da Cristo. Giovanni poteva rimanere lì, nel Giordano, con gli occhi fissi su Gesù, e deliziarsi della Sua presenza. Saziava la Sua anima con Cristo — il Suo cuore si rivolgeva continuamente a Lui con gioia ed adorazione.
Una persona simile, così dedita alla gloria di Gesù, è al disopra di ogni ambizione di notorietà. Cosa si può aggiungere ad uno che è totalmente occupato dalla gloria e dalla presenza di Cristo? Quella persona può dire insieme a Giovanni: "La mia gioia è completa; in Lui ho trovato tutto quello che desideravo".
Le correnti di disperazione e di inquietudine non possono toccare il figlio di Dio che è ossessionato dalla presenza del Signore. Per fede si trova al di sopra di tutto questo. Il mondo, la chiesa non ha più bisogno di evangelisti "rinomati" o di operatori di miracoli o di grandi oratori. Non ha più bisogno di pastori o insegnanti. Non ha più bisogno di fondatori di grandi opere caritatevoli. Quello di cui ha più bisogno è di VOCI umili e sconosciute! Voci che testimoniano ad un mondo pieno di dubbi che solo Cristo può liberare dalla crisi — che solo Lui è una torre di forza.
Dio ha bisogno di voci — di persone che resistono nella furia delle prove e delle tentazioni gridando: "Dio è fedele. Dio può farti trionfare. Nel dolore, Lui è il solo conforto. Nelle prove, Lui mostra il suo braccio potente".
Abbiamo bisogno di voci che possono guardare in faccia la malattia e la morte e proclamare: "Lui è tutto ciò che ha detto di essere! Mi ha provato il Suo amore nelle ore più buie. E' stato per me una forza in tempo di debolezza. E' stato un amico, un luogo di rifugio. Servire Lui fa la differenza".
Ci sono abbastanza buoni predicatori che dichiarano la dottrina, che predicano profezie e moralità. Molti di essi compiranno grandi operazioni, cacceranno demoni e guariranno i malati. Grazie a Dio per tutto questo. Ma penso che Giovanni abbia qualcosa da dire a questa generazione. C'è un bisogno disperato di persone che dimentichino di fare grandi opere per Dio e si concentrino su Lui, diventando una voce che proclama il Suo infinito amore. Che dichiarino giorno dopo giorno che Cristo può riempire e che è degno del nostro amore e della nostra devozione.
Purtroppo, la maggior parte di ciò che sento oggi riguarda la potenza, l'utilità, il bisogno di essere utili, di fare qualcosa di importante, di essere coinvolti in una causa, di non sentirsi più inutili o indegni. Ci sono poche persone desiderose di stare all'ombra, di testimoniare in silenzio la fedeltà di Dio ai propri amici e ai propri vicini. Vogliamo far parte del corpo di Cristo con un ufficio, con un assegno, con un ministero. Ci sono persone chiamate a tutto questo, ma la più alta chiamata che ci viene rivolta in Cristo è quella di testimoniare fedelmente l'evangelo nel nostro circolo di amicizie.
Forse dobbiamo considerare ancora che "ciò che è grandemente stimato tra gli uomini è cosa abominevole davanti a Dio" (Luca 16:15). Cristo stava dicendo ai grandi religiosi farisei che la popolarità e la stima umana non sarebbero valse a niente nel giorno del giudizio. Dio sta cercando umiltà, sacrificio e persone che aborriscano tutto ciò che nasce dall'egoismo — che cerchino meno di riunire persone intorno a se stesse, e desiderino più puntare i loro occhi verso l'Agnello di Dio.
Oh Dio, dacci più voci e meno promotori. Più voci e meno persone che cercano il proprio interesse. Più voci e meno grandezza. Dacci più persone che cercano solo Te, e non i Tuoi doni, le Tue benedizioni e la Tua promozione.
Stefano vide i cieli aperti e un Uomo glorificato sul trono, di cui rispecchiò la gloria a tutti coloro che gli stavano attorno. "Ma egli, ripieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla destra di Dio e disse: Ecco, io vedo i cieli aperti e il Figlio dell'uomo che sta alla destra di Dio" (Atti 7:55–56).
Stefano rappresenta ciò che dovrebbe essere un vero cristiano: una persona ripiena di Spirito Santo con gli occhi fissi sull'Uomo in gloria. E' colui che rispecchia quella gloria in modo che tutti coloro che la vedono rimangono meravigliati. E' colui che ha lo sguardo fisso su Cristo, che Lo contempla sempre, che si occupa pienamente del Salvatore glorificato.
Guardate in che condizione disperata si trovava Stefano. Era circondato da pazzi religiosi, da superstizione, da pregiudizio e gelosia. La folla inferocita lo pressava, con occhi pieni di ferocia selvaggia e assetati di sangue. La morte aleggiava sul suo capo. Che circostanze impossibili! Ma alzando gli occhi al cielo, egli contemplò il Suo Signore in gloria, e improvvisamente la sua situazione sulla terra non ebbe più alcuna importanza per lui. Ora si trovava al di sopra di tutto quello, stava contemplando Colui che era invisibile.
A Stefano è bastato dare uno sguardo alla gloria del Signore, osservare la visione della Sua preziosa santità, per non sentire più dolore. Le pietre, le pesanti accuse, tutto non aveva più importanza perché davanti a lui vedeva solo gioia. Uno sguardo ai luoghi celesti di Cristo ti fa salire al disopra di ogni circostanza. Se fissi i tuoi occhi su Cristo, se con fiducia ti accosti a Lui in ogni momento di sconforto, avrai pace e serenità.
Stefano catturò i raggi dell'Uomo glorificato in cielo e li rifletté sulla società che rigettava Cristo. Egli "contemplando a faccia scoperta come in uno specchio la gloria del Signore fu trasformato nella stessa immagine di gloria in gloria, come per lo Spirito del Signore…" (2 Corinzi 3:18).
E' proprio vero che siamo quello che contempliamo. La traduzione esatta dovrebbe affermare: "Noi tutti, a viso scoperto contempliamo la gloria e veniamo trasformati". L'idea è che il cristiano riflette, come uno specchio, la gloria sulla quale si concentra continuamente. Siamo noi che osserviamo "nello specchio", guardiamo Cristo, l'oggetto dei nostri desideri, e diventiamo come Lui nel processo di contemplazione.
E' possibile catturare una simile visione dell'Uomo glorificato in cielo che ci possa estraniare da tutte le circostanze e da tutti i problemi? Stefano ha provato che è possibile — al punto che riuscì a pregare addirittura per quelli che lo stavano uccidendo. I suoi assassini dovettero guardare in un volto che rifletteva veramente ciò che Stefano aveva visto di Cristo.
Abbiamo tutti il privilegio di reclamare la pienezza dello Spirito Santo e di essere così ripieni di Cristo da vivere al di sopra di tutto quello che il nemico riversa sul nostro cammino. Il risultato diretto dell'essere totalmente occupati da Cristo è un riempimento naturale della Sua natura in noi. Non solo potremo parlare della Sua gloria, ma la rifletteremo.
Nelle nostre vite non c'è niente per cui altri possano considerarci degni di attenzione e di rispetto. Solo riflettendo la vita di Cristo possiamo influenzare il mondo per Lui. La carne, quando riflette il mondo, ministra la morte. Cristo riflette attraverso di noi un ministero di vita.
J.N. Darby scrisse: "Un cristiano è una persona sul cui cuore lo Spirito di Dio ha scolpito Cristo, esattamente nello stesso modo in cui Dio scrisse la Legge sulle tavole di pietra. Così come gli Israeliti potevano leggere la Legge sulle pietre, così il mondo può leggere Cristo nel cuore degli uomini".
E' lo Spirito Santo che rivela le cose di Cristo all'anima, e questa è la potenza dell'essere conformi a Cristo. Io mi diletto in Cristo, mi sazio di Lui, Lo amo. E' il vero modello e la formazione della mia anima secondo Cristo, per mezzo dello Spirito Santo — questa è la rivelazione di Cristo. Non solo amare la gloria, ma amare Cristo stesso; è Cristo che ammiro, è Cristo a cui tengo. Cristo, di cui mangio la carne e bevo il sangue — èforse alcuna meraviglia che gli somiglio? Il cristiano deve perciò diventare l'epistola di Cristo; parla per Cristo, confessa Cristo, agisce per Cristo. Non vuole essere ricco, perché ha le sue ricchezze in Cristo — ricchezze insondabili. Non vuole i piaceri di questo mondo, si compiace di stare alla destra di Dio per sempre.
Stefano divenne uno specchio vivente in cui gli uomini potevano vedere riflessa la gloria di Cristo. Così dovremmo essere noi. Quando il nemico arriva come un diluvio e le prove ci buttano giù, dobbiamo sia stupire che condannare il mondo che ci circonda con il nostro dolce riposo in Cristo. Dato che vediamo con una mente spirituale, tutto questo si può ottenere fissando le nostre menti su Cristo.
Non vedrai Gesù fin quando non lo cercherai, e non lo troverai fin quando non andrai nel luogo dove Egli si rivela. Lui si rivela pienamente nella Sua gloria attraverso le Sacre Scritture. E' l'opera dello Spirito Santo in noi che ci mostra attraverso la Parola chi Lui è. "Egli [lo Spirito] prenderà del mio e ve lo annunzierà" (Giovanni 16:14). Chiedi ogni giorno allo Spirito Santo di darti uno spirito di saggezza e di rivelazione nella conoscenza del Signor Gesù Cristo? Dovresti farlo.
E' una cosa meravigliosa considerare di riflettere Cristo in tutta la Sua santità e perfezione in un mondo perduto. Nessuno di noi è mai riuscito a dare un riflesso perfetto e vero. Che grande sollievo sapere che non possiamo alterare o migliorare Colui la cui immagine è riflessa. E' inesorabilmente perfetto, santo e bellissimo. Non cambiamo l'immagine — èl'immagine che cambia noi. Ogni volta che leggiamo la Parola e vediamo un nuovo raggio di verità sulla Sua vita, sulla Sua morte, sulla Sua risurrezione e sulla Sua ascensione — veniamo cambiati. Diventiamo sempre più simili a Colui che è il centro della nostra attrazione. Non cambiamo noi stessi — èla rivelazione di Cristo che cambia noi.
Quando le prove ci sconvolgono,
quando onde di sconforto ci avvolgono,
Appoggerò il mio capo su Gesù —
Riposo dell'anima smarrita:
sicuramente nessuno può capirmi come te,
Tu che hai pianto a Betania!
"Gesù pianse!" — quelle lacrime di dolore
sono un legame d'amore.
Ieri, oggi e domani
Sempre lo stesso Lui rimane.
Sei tutto per me,
vivente di Betania!
Una cosa è quando il Signore ci viene incontro nelle prove e nelle circostanze difficili per calmare la nostra anima disperata e alleviare le nostre paure — ma è completamente diverso quando facciamo un passo nel mezzo della tempesta per andare verso di Lui. I discepoli che stavano nella barca senza dubbio stavano pensando: "E' già una cosa averlo vicino e sapere che si prende cura di noi in questa tempesta. Rimaniamo seduti e aspettiamo che arrivi". Ma Pietro scese dalla barca, e questo fu un passo di fede veramente coraggioso. Gli bastò uno sguardo del suo Salvatore. Gridò: "Se sei tu…lascia che io venga a te…sulle acque" (Matteo 14:28).
La chiave di questa lezione è "verso te…sulle acque". Gesù disse: "Vieni". Tenendo i suoi occhi fissi su Gesù, Pietro fece quel grande passo di fede e per un po' camminò sulle acque. Fu la devozione che spinse Pietro fuori da quella barca agitata dalla tempesta. Non stava mettendo in mostra la sua fede. Non stava facendosi vedere da coloro che erano rimasti nella barca. Voleva semplicemente stare più vicino al suo Signore. Aveva capito chi era, ma non per i doni o per le benedizioni che aveva ricevuto.
E' vero che Pietro affondò quando distolse lo sguardo dal Signore — ma così facciamo un po' tutti. La verità è che Pietro camminò sulle acque. Per fede aveva scoperto in Cristo un rifugio nella tempesta e nel mare agitato. Stava camminando sopra a ciò che lo minacciava. La tempesta continuava ad agitare il mare — Pietro non camminò sopra un mare di vetro. Camminò sopra la tempesta; questa è la vera lezione.
"Ma, vedendo il vento forte, ebbe paura e, cominciando ad affondare, gridò dicendo: Signore, salvami!" (14:30). La fede che lo tenne al di sopra di tutto per un po' di tempo avrebbe potuto continuare all'infinito. Ma egli distolse gli occhi da Cristo, e permise alla tempesta intorno a lui di prendere il sopravvento.
Non siamo tutti un po' spaventati quando venti potenti e tenebrosi ci circondano? Non ci sono state volte nella tua vita quando stavi annegando — per il bene? Da una parte sono contento che Pietro ha fallito, perché questa è la condizione alla quale mi avvicino di più. Spesso provo il senso di affondamento — emi chiedo come ho fatto fino a quel momento a stare a galla. Poi mi ricordo quello che mi disse una volta mio nonno: "Tieni gli occhi fissi su Gesù. Avvicinati a Lui più che sia possibile. Questo è il segreto della vittoria, della santità e della pace".
Negli ultimi avvenimenti della mia vita, lo Spirito Santo mi ha incoraggiato a "fare un passo verso di Lui quando la tempesta infuria". Piuttosto che rimanere pietosamente seduto, chiedendo a Dio il perché di tutte quelle prove — cerco ora di alzarmi e di fare un passo verso di Lui in preghiera e in fede. Io e te abbiamo lo stesso invito: "Vieni". Vieni, sollevati da tutte le tue preoccupazioni e i tuoi problemi. Vieni: per fede puoi camminare su tutte le tue circostanze. Vieni, appropriati per fede delle forze che ti aiutano a tenerti al di sopra di tutto.
Cosa ha permesso al nostro Signore di camminare al di sopra di tutte le circostanze della Sua vita? Gesù ha pianto, ha provato dolore fisico e morale, il sole lo ha bruciato, ha provato la stanchezza, ha provato gli stessi sentimenti e le stesse sofferenze di un uomo naturale. Eppure Lui era sempre al di sopra di tutto questo — perché aveva sempre in mente l'obiettivo di compiere la volontà del Padre. Egli compì perfettamente la volontà di Dio — dipendeva totalmente da Suo Padre — iSuoi occhi erano fissi sulla gloria del Padre. Il segreto della Sua vittoria in ogni crisi era che aveva "gli occhi fissi".
Perché questa storia di Pietro è stata scritta nelle Scritture? Credo perché mostra che un cristiano deve seguire Cristo il più diligentemente possibile anche nel mezzo delle crisi peggiori. Spesso mi sedevo e aspettavo che il Signore mi mostrasse come essere liberato dalle difficoltà. Pensavo si trattasse di riposo, ma si sono accorto che la maggior parte delle volte era invece un fatalismo passivo. Non realizzavo che i problemi o le difficoltà possono essere il vento potente che mi spinge verso il desiderato risposo — Cristo.
La via d'uscita di Dio è quella di porci al di sopra di tutte le circostanze solo con l'energia di una fede focalizzata su Lui. Quando il nemico viene come una fiumana, dobbiamo avvicinarci di più al Signore. Lo scopo non è quello di sperimentare il miracolo di camminare sulle acque, ma di avvicinarci a Cristo in maniera più intima. Tutti quelli che cercano Cristo, tutti quelli che tengono gli occhi fissi su Lui, tutti quelli che fanno un passo di fede per avvicinarsi a Lui — presto non si preoccuperanno più delle circostanze. Saranno così rapiti dalla visione di Cristo che scopriranno che in effetti stanno camminando al di sopra di tutto. Camminare sulle acque è un effetto del contemplare Gesù.
Non è triste che molti cristiani oggi, compresi molti ministri, pensano che sia un grosso passo di fede quello di andare incontro a sfide materiali o farsi molti debiti per raggiungere un determinato obiettivo? Per me, un passo di fede coraggioso è quello di immergermi nelle prove e nelle circostanze per imparare a camminare al di sopra di tutto nella Sua presenza.
Voglio imparare di più da Gesù nel mezzo di quello che sto passando. Sto costruendo una storia con il mio Salvatore, ed ogni nuova rivelazione che ho di Lui è più dolce e più importante della precedente. Non voglio più chiedere al mio Signore: "Perché?". Non voglio dar luogo a pensieri sottili che mi suggeriscono che il Signore mi sta punendo, o che mi ha dimenticato, o che è troppo occupato per aiutarmi. NO! Voglio guardare in faccia tutti i miei problemi e le mie paure, i miei dolori e le mie difficoltà — edire: "Signore, voglio stare più vicino a Te! Fa' che tutto questo mi avvicini a Te!".
Forse quando il nemico si renderà conto che non sta facendo altro che avvicinarti al Signore, smetterà di importunarti — ma intanto ti ha sospinto verso la gloria di Cristo.
La sofferenza e la Croce sono inseparabili — non puoi avere una senza avere l'altra. Quando Cristo avvertì i Suoi discepoli che avrebbe sofferto e che sarebbe morto, Pietro protestò. Molti dei padri primitivi della fede rigettavano il concetto di sofferenza.
Qualsiasi tentativo di separare la sofferenza dalla Croce è opera del nemico. Le Scritture ci dicono che Cristo "imparò l'obbedienza dalle cose che soffrì" (Ebrei 5:8–9).
"Per la morte che sofferse…Gesù gustò la morte di tutti…per rendere perfetto [completo] per mezzo di sofferenze l'autore della salvezza" (Ebrei 2:9–10).
Qualsiasi figlio di Dio che dice che per i credenti che camminano in Spirito e fede non c'è sofferenza, non conosce la Parola di Dio. Non penso che il cristiano possa "essere reso conforme alla sua morte" senza sofferenze. C'è una comunione con le Sue sofferenze. Paolo diceva: "Poiché, come abbondano in noi le sofferenze di Cristo, così per mezzo di Cristo abbonda pure la nostra consolazione" (2 Corinzi 1:5).
"Ora mi rallegro nelle mie sofferenze per voi — ea mia volta compio nella mia carne ciò che manca ancora alle afflizioni di Cristo per il suo corpo, che è la chiesa" (Colossesi 1:24).
"Se pure soffriamo con lui per essere anche con lui glorificati…" (Romani 8:17).
"Io ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non sono affatto da eguagliarsi alla gloria che sarà manifestata in noi…" (Romani 8:18).
"Così come siete partecipi delle sofferenze, così sarete anche partecipi della consolazione…" (2 Corinzi 1:7).
Pietro predicava lo stesso messaggio. Solo dopo la sua identificazione con Cristo e con la Croce egli poté dire: "Ma, nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella manifestazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare" (1 Pietro 4:13).
"…dopo che avrete sofferto per un po' di tempo, vi perfezionerà Egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà e vi stabilirà saldamente…" (1 Pietro 5:10).
"…perché Cristo ha sofferto per noi, lasciandoci un esempio affinché seguitiate le sue orme" (1 Pietro 2:21).
Ci sono molti altri versetti convincenti nella Bibbia che provano le sofferenze di coloro che prendono la Croce e seguono Cristo. La sofferenza è offensiva per coloro che credono che il potere la renda impotente. Perciò le sofferenze di Cristo non piacevano molto a Pietro. Egli si meravigliava — come mai il Figlio di Dio deve soffrire, se invece può chiamare legioni di angeli e distruggere tutti i nemici? Pietro non vedeva alcuna utilità nella sofferenza, come molti oggi la considerano offensiva in un credente "ripieno di Spirito Santo e di potenza".
Come possiamo affrontare questo passo se non accettiamo la verità che il popolo di Dio soffre?
"Poiché dunque Cristo ha sofferto per noi nella carne, armatevi anche voi del medesimo pensiero, perché chi ha sofferto nella carne ha smesso di peccare" (1 Pietro 4:1).
Mi meraviglia la reazione di molti cristiani quando parlo delle sofferenze del popolo di Dio. Una volta una cara persona mi ha scritto: "Perché parlare molto di sofferenza? Mi abbatte. Non mi piace pensare a questo tipo di cose. La sofferenza non fa per me. Penso solo a cose positive e creative. Probabilmente tu soffri molto perché non hai la rivelazione delle promesse di Dio. Pregherò per te…".
Ci sono ministri che mi guardano pietosamente e con voci condiscendenti dicono: "Povero fratello David, il Giobbe moderno. Ha sicuramente bisogno delle nostre preghiere!". Posso capire dal modo in cui mi guardano che si stanno chiedendo: "Che razza di terribile peccato è nascosto nella sua vita? O che fede debole deve avere — se ce l'ha! Perché sua moglie e la sua famiglia soffrono così?". Ma oh, alleluia! Io e la mia famiglia conosciamo il dolce sapore della vittoria perché siamo stati in battaglia e ne siamo usciti ogni volta purgati nella vita e fortificati nella fede e nel coraggio. Il fuoco dell'afflizione purifica; filtra tutte le impurità e lascia solo l'oro!
Se Paolo si gloriava per la Croce, si gloriava anche nelle sofferenze della Croce. Era forse pazzo quando diceva: "Ci vantiamo anche nelle afflizioni, sapendo che l'afflizione produce perseveranza, la perseveranza esperienza e l'esperienza speranza" (Romani 5:3–4)?
Quante congregazioni o predicatori oggi permetterebbero a Paolo di salire sui loro pulpiti e gridare: "Se è necessario vantarsi, io mi vanterò delle cose che riguardano la mia debolezza" (2 Corinzi 11:30)?
Paragonate la predicazioni senza Croce che sentiamo da molti pulpiti oggi con il messaggio di Paolo. Egli predicava: "…Il Signore mi ha detto: La mia grazia ti basta, perché la mia potenza è portata a compimento nella debolezza. Perciò molto volentieri mi glorierò piuttosto delle mie debolezze, affinché la potenza di Cristo riposi su di me. Perciò mi diletto nelle debolezze, nelle ingiurie, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle avversità per amore di Cristo, perché quando io sono debole, allora sono forte" (2 Corinzi 12:9–10).
Il bisogno attira la grazia, le sofferenze attirano la misericordia, la debolezza attira la Sua forza. Il credente più forte è quello che è stato provato ed è passato attraverso il fuoco — eche in questo processo si è fortificato ed è maturato.
A rischio di sembrare negativo, credo che oggi ci siano troppe poche predicazioni sulla Croce. Ci sono molti cristiani che si alzano e vanno via durante la mia predicazione, mentre cerco di mostrare loro che la Parola dice che la Croce comprende sofferenze spirituali e fisiche.
Per quei cristiani drogati dagli agi, dai piaceri e dalla prosperità, la Croce rappresenta annullamento, repulsione, rinnegamento di sé, mortificazione della carne, arresa della volontà e di ciò che è offensivo.
Quasi tutti in un modo o nell'altro soffrono. Ma i credenti che hanno sopportato prove terribili riescono a vedere in tutto questo la manifestazione di Dio, perché supplicando misericordia, grazia e forza — stanno costruendo una storia con il Signore.
La tua storia con il Signore non comprende forse grazia nelle ore più terribili di paura e di angoscia? Non hai ricevuto forse una forza straordinaria mentre avevi perso tutte le speranze? Non hai ricevuto forse pioggia spirituale mentre eri arido? Non hai sentito una pace soprannaturale quando tutto intorno a te era tempesta — non hai gustato riposo e sicurezza di fronte alla morte? Coloro che hanno subito queste storie sono più pazienti e comprensivi di quelli che non sono mai stati messi alla prova.
Esiste solo una croce — la Sua! Lui ha gustato la morte per ciascuno di noi; Egli ha sofferto e ha sparso il sangue una volta per tutte a causa del peccato. Lui ha bevuto quella coppa amara. Le nostre sofferenze e i nostri dolori non sono meritori — non aggiungono niente alla grazia che già abbiamo — ma sono il costo del discepolato. Quando diventiamo il vero riflesso di Cristo, soffriamo. I cristiani carnali saranno per noi fonte di sofferenze e di rifiuti. Soffrirai quando la Parola ti proverà, ma se ti appropri delle promesse avrai la liberazione. Soffrirai quando il dolore fisico si abbatterà su di te o su un tuo caro, e sentirai di non aver intorno alcun sollievo. Soffrirai quando un cristiano verrà portato via, forse con un incidente.
Credo fermamente nella guarigione divina. Credo che Dio voglia benedire e guarire i Suoi figli. Credo che Dio ci dia autorità sulle potenze demoniache. Ma credo anche nel prendere la Croce e seguire Cristo — ecredo che questo spesso comporti sofferenze. Ma significa anche una potente risurrezione!